giovedì 24 novembre 2011

Il rondone vola

Più correttamente rimane in orbita. E perfettamente operativo. 

Il rondone, ne abbiamo già parlato, è il satellite Swift, ovvero, in inglese, rapido, veloce o, appunto, rondone. E' una missione scientifica con lo scopo primario di studiare i lampi di luce gamma, o gamma-ray bursts, ma non solo. 

Oggi e domani, a Milano presso l'INAF-IASF in via Bassini, la comunità italiana si riunisce e fa il punto dei 7 eccezionali anni della missione dal lancio il 24 novembre 2004. E, incrociando le dita, pianifica i successivi!


sabato 19 novembre 2011

ESO - ELT e crisi economica

Abbasso le sigle dirà qualcuno, e non certo con tutti i torti.

ESO infatti sta per "European Southern Observatory", Osservatorio Europeo dell'Emisfero Sud. Si tratta di una grande organizzazione multi-nazionale, principalmente europea, ma non solo, alla quale l'Italia aderisce dai primi anni '80 e che si propone di permettere agli scienziati del consorzio di poter accedere a strumenti all'avanguardia della tecnica per compiere ricerche astronomiche. L'ESO, come il forse più noto CERN, che si occupa di fisica delle particelle, è parte di quelle iniziative scaturite in seguito al sogno europeista degli statisti degli anni '50 e '60.
Ed in un certo senso è un sogno diventato realtà, con la scienza europea opportunamente organizzatasi in maniera da condividere gli sforzi capace di raggiungere vette assolute di eccellenza. Tornando allo scenario astronomico, a noi più congeniale, la straordinaria avventura umana e tecnologica che ha portato alla progettazione, costruzione, e operatività del VLT, il famoso complesso di 4 telescopi da 8 metri circa di specchio ciascuno, tuttora il più avanzato e potente osservatorio astronomico del pianeta, è un esempio dei risultati eccellenti di questa collaborazione.
Un altro esempio, probabilmente non ancora molto noto al grande pubblico in quanto proprio agli inizi della sua fase di operatività, è costituito dalla rete di telescopi per osservare alle lunghezze d'onda del millimetrico ALMA

Naturalmente però un'organizzazione di questo genere è pensata e strutturata per perseguire sempre ideali di innovazione, e mentre il VLT entra nella sua fase di maturità ed ALMA comincia a funzionare, è il momento di porre le basi per lo sviluppo futuro. Un ambizioso progetto dell'ESO è infatti già in fase molto avanzata di studio ed è all'inizio della fase costruttiva vera e propria, per arrivare all'operatività, diciamo, nel decennio che parte con il 2020. Si tratta dell'ELT, acronimo effettivamente un po' banale che significa niente di meno che "Extremely Large Telescope", Telescopio Estremamente Grande... il nome non è certo però malpensato: sarà un telescopio con uno specchio primario di dimensione effettiva dell'ordine di 40m!
Non ci si faccia comunque spaventare dall'orizzonte temporale, il lancio di un satellite o ogni altra avventura tecnologica su grande scala richiede anni di lavoro e preparazione, e potete immaginare quanto la scienza europea potrà crescere quando avrà a disposizione uno strumento del genere, e in tempi molto più brevi quando l'industria europea ne godrà dovendo partecipare alla costruzione di questa meraviglia tecnologica.

In realtà l'aspetto finanziario dell'impresa non è affatto secondario, al contrario le competenze che l'industria europea potrà e dovrà sviluppare in campi come la meccanica di precisione, l'elettronica, l'informatica, l'ottica, ecc. sono impressionanti e tali da permettere alle aziende coinvolte di competere nel mercato globale partendo da una posizione di grande vantaggio. Si pensi, i temi economici nostro malgrado sono diventati pane quotidiano, che si tratta di un'attività industriale ad alta tecnologia e quindi meno soggetta alla competizione di paesi con bassi costi di produzione e di conseguenza capace di generare un'elevata redditività come anche un potente effetto volano sull'indotto circostante. 

C'è un problema però. L'Italia allo stato attuale della situazione non parteciperà a questa impresa, e per la prima volta in trent'anni di successi dell'ESO, il nostro Paese dovrà mettersi alla finestra. 

Quello che accade è che naturalmente la partecipazione a questa impresa tecnologico/scientifica non è gratuita, richiede diversi investimenti da parte dei paesi partecipanti, e questi investimenti sono grossomodo proporzionali all'importanza economica del paese nel consorzio o, semplificando, in pratica al famigerato PIL, prodotto interno lordo.
L'Italia, come è noto, è un'economia rilevante e, per farla breve, per partecipare alla fase iniziale del progetto il nostro Paese dovrebbe investire circa 50 milioni di €. Una cifra senz'altro rilevante, senza dubbio. 
Ma a quanto pare così non sarà, e per ragioni ovviamente legate alla necessità di contenere la spesa pubblica, altro argomento ben noto, anche questi investimenti sono caduti sotto la voce delle spese eliminabili.

La questione del bilancio dello Stato va ben oltre naturalmente la partecipazione dell'Italia a questa o quest'altra impresa tecnologica, e certamente si tratta di un argomento che, come tutti quelli specialistici, dovrebbe essere trattato da persone con competenze specifiche e conoscenza dettagliata.

Quello che però possiamo rilevare è che questo genere di economie sulle spese dello Stato appaiono essere molto probabilmente un pessimo affare. Sia sulla base di esperienze precedenti, come la costruzione del VLT, che da analisi delle industrie del settore, la partecipazione italiana al progetto garantirebbe un ritorno in commesse industriali al nostro Paese di almeno altrettanto quanto investito, e possibilmente come è accaduto in passato, anche del doppio. 

E' comprensibile allora come organizzazioni che non hanno nulla a che fare con la ricerca scientifica di base propriamente detta, come Confindustria, si siano mosse per salvaguardare questi investimenti strategici proprio per la loro natura di generare un indotto preziosissimo per un Paese caratterizzato da un paio di decenni di crescita economica asfittica. Riporto a titolo d'esempio un vecchio articolo del Sole 24, risalente al gennaio 2009, dove si commentava quanto questo tipo di avventure scientifiche siano ricche di ricadute economiche di valore. 

Rimane solo da sperare che, per la scienza, prima di tutto, ma almeno per l'economia se proprio l'estetica della scienza non ci scalda in tempi di crisi, la nuova compagine governativa possa opportunamente riconsiderare questo suicidio culturale ed industriale.


A cosa serve la scienza?

o l'astronomia in particolare?

A tutto, e a niente. Dipende un po' dal contesto in cui ci si mette. Ricordo, a questo proposito, una discussione di alcuni anni fa con un collega, Gabriele Ghisellini. Entrambi concordavamo sul fatto che è verissimo che la ricerca scientifica, anche e soprattutto di base, produce innovazione tecnologica e sul lungo termine competitività industriale, ovvero redditi. Ma anche senza tutto questo, e ne parliamo fra breve, la ricerca produce comunque un bene prezioso ed insostituibile: la conoscenza. 
So benissimo che in epoca di veline e soldi facili, perdonate la banalità della citazione, il tutto possa apparire anacronistico. Ma in realtà la grande presenza di pubblico che tutti coloro che si dedicano alla divulgazione sperimentano, ci dice che esiste una richiesta ampia e variegata di conoscenza. Un grande pubblico di persone che desiderano conoscere e capire, e che condividono con chi fa della ricerca la sua professione, il gusto quasi estetico dell'esplorazione e della domanda costruttiva.

Un desiderio senza dubbio da supportare.




venerdì 11 novembre 2011

Piccoli telescopi crescono

O meglio, crescono i risultati scientifici ottenuti tramite questi strumenti.

Il primo di questi piccoli telescopi si chiama REM, e non ha nulla a che fare con il gruppo pop che, ahimè, si è appena sciolto. L'acronimo sta per "Rapid Eye Mount" ed è un gioco di parole per ricordare la principale caratteristica di questo telescopio da 60cm di diametro: la capacità di puntare rapidamente qualunque oggetto in cielo in maniera del tutto automatica. Se volete, con un po' di fantasia, può ricordare il movimento degli occhi durante il sonno in fase rem.

Ne parleremo ampiamente in un'altra occasione, ma REM è un piccolo autentico gioiello tecnologico di progetto italiano ed è a tutti gli effetti un propotipo di una nuova generazione di telescopi pensati e sviluppati come un unico complesso hardware/software capaci di operare in maniera totalmente robotica. In aggiunta REM è situato nello straordinario sito dell'ESO di La Silla, in Cile. Quindi a migliaia di chilometri dagli astronomi che lo gestiscono ed è di conseguenza dotato di ampia autonomia e capacità di autodiagnostica.

Oltre a molti risultati scientifici nella scienza del lampi di luce gamma (GRB), principale obiettivo scientifico del progetto, REM è molto attivo in vari altri filoni di ricerca, e recentemente un team di scienziati fra cui il collega di INAF/Brera Paolo D'Avanzo, ha pubblicato un importante lavoro riportante osservazioni che permettono di gettare nuova luce sui complessi fenomeni di accrescimento di materia su buchi neri. Qui potete trovare la rassegna stampa pubblicata dall'INAF con vari commenti degli astronomi coinvolti.

Se un telescopio da 60cm vi non vi sembra abbastanza piccolo, allora vi piacerà anche di più quello che è stato fatto con un telescopio da nemmeno 30cm, sebbene, lo ammettiamo, posto in una località osservativa di assoluta eccezione... lo spazio!

Stiamo parlando di UVOT, il telescopio ottico/ultravioletto montato a bordo del satellite trinazionale (USA-UK-Italia) Swift. Anche Swift è stato sviluppato principalmente per lo studio dei GRB, e come per REM però da contributi preziosi in molti altri settori della moderna astrofisica. In questo caso per altro si tratta di un'osservazione molto particolare.

Un gruppo di scienziati, guidati dal nostro collega di Brera Sergio Campana, ha puntato il satellite Swift verso l'asteroide 2005 YU55, noto al grande pubblico per essere transitato in questi giorni nelle vicinanze del nostro pianeta. Grazie anche alle osservazioni di UVOT la conoscenza di questi elusivi compagni di viaggio della Terra nel sistema solare potrà essere sostanzialmente migliorata. Qui abbiamo il comunicato stampa INAF e qui quello della NASA.


lunedì 7 novembre 2011

Criteri premiali nella scienza

Il titolo di questo post è un po' criptico, lo ammetto, e apparentemente foriero di un lungo e noioso intervento su questioni tecniche fra scienziati.

In realtà spero proprio di no!

Quello di cui invece volevo parlare è di uno di quegli eventi che sarebbe bene poter conoscere più ampiamente e che mostrano l'alto livello che la ricerca di base italiana ha raggiunto in realtà ormai da molti anni. A dire il vero esistono statistiche e studi che non lasciano certo dubbi a riguardo, magari un giorno ne parleremo. Pare però che la conoscenza di quanto la ricerca di base italiana sia uno dei punti di assoluta eccellenza nello scenario generale del paese sia progressivamente meno nota tanto più si sale nella scala gerarchica delle autorità nazionali. Con alcune lodevoli eccezioni, per fortuna.

Ma torniamo a noi.

A differenza di una diffusa opinione, ormai da qualche decennio, le modalità di finanziamento per la ricerca di base sono pressoché tutte di tipo premiale. Vale a dire che, periodicamente, di solito una volta l'anno, i ricercatori sono invitati a preparare dei programmi di ricerca creando dei gruppi più o meno ampi, e questi programmi sono poi sottoposti ad una valutazione da parte di altri scienziati, ed infine una classifica è stilata ed i finanziamenti sono dati ai primi classificati fino al termine delle disponibilità. Il processo, naturalmente, ha diversi punti che sarebbero meritori di discussione ma, nel complesso, funziona abbastanza bene. Il tempo necessario per la stesura di una domanda competitiva è veramente molto, tuttavia è probabilmente vero che questo sforzo poi genera idee, iniziative, ecc.
Casomai il problema è l'entità dei finanziamenti disponibili. Nel corso dell'ultimo decennio sono sempre andati diminuendo, ed ora il bando principale per gli astronomi dell'INAF, il cosiddetto PRIN (Programmi di Ricerca di Rilevante Interesse Nazionale), consta di 7-800mila euro per anno per un bacino potenziale di un migliaio di scienziati. Apparentemente sembrano grandi cifre, e certamente lo sono se pesate su scala personale, ma si pensi che rispetto anche al bilancio di un piccolo comune italiano sono autentici spiccioli, e che analoghi bandi di altri paesi europei a noi omologhi, rispetto al numero di scienziati coinvolti, sono da due a quattro volte superiori.
Per fortuna esistono anche altre fonti di finanziamento, tutte premiali. per progetti legati allo spazio esistono finanziamenti da parte dell'ASI, Agenzia Spaziale Italiana, e di importanza sempre crescente per la loro entità, finanziamenti provenienti dall'Unione Europea.

Anche in questo caso il meccanismo è sostanzialmente analogo, sempre di tipo premiale tramite un progetto di ricerca e più livelli di valutazione. Ovviamente però la competizione è molto più accanita, visto che ci si trova a dover competere con scienziati di tutta Europa. E' quindi con legittimo orgoglio che segnalo come pochi giorni fa un collega dell'Osservatorio Astronomico di Brera, Luigi Guzzo, ha ottenuto un cospicuo finanziamento, circa 1.7 milioni di euro per la durata di cinque anni, per la costituzione di un gruppo di ricerca con lo scopo scientifico di studiare, in generale, le problematiche legate all'energia oscura. Qui potete sentire la sua intervista sul sito media INF.

Naturalmente il merito è solo di Gigi, ma rimane comunque vero che la presenza nel contesto dell'Istituto Nazionale di AstroFisica (INAF), di eccellenze riconosciute come quelle rappresentate dal nostro collega, è un chiaro sintomo di quale ricchezza intellettuale sia presente nei nostri istituti di ricerca e di quanto questa potrebbe essere preziosa per la nostra economia una maggiore valorizzazione di queste conoscenze.

Un tema complesso ed interessante su cui torneremo in futuro.