mercoledì 12 dicembre 2012

Che fai tu, luna, in ciel?

Il celeberrimo inizio del "Canto notturno di un pastore errante dell'Asia" di Leopardi ci traghetta direttamente verso un'affascinante iniziativa del Museo Nazionale della Scienza e Tecnologia "Leonardo da Vinci" di Milano.

L'iniziativa è dedicata alla Luna, in occasione del quarantesimo anniversario dell'ultima missione Apollo. La numero 17. L'Apollo 17 è la missione che più di ogni altra ha arricchito il nostro patrimonio di immagini lunari, rendendoci familiari con la "magnifica desolazione" lunare, come la ebbe a definire Buzz Aldrin, il pilota dell'Apollo 11.
Harrison Schmitt al lavoro durante la missione Apollo 17
Il programma è quantomai intrigante, devo ammettere, e si svolgerà nel fine settimana del 15 e 16 dicembre prossimi.
Sabato avremo in realtà l'occasione di toccare con mano, si fa per dire, la moderna esplorazione planetaria con un collegamento con il Jet Propulsion Laboratory della NASA nel quale si scoprirà come si muove e lavora sulla superficie marziana il rover Curiosity.
Domenica, invece, si avrà un'occasione unica. Si apriranno gli archivi del museo e si potranno ammirare oggetti suggestivi come frammenti di roccia lunare, i manuali di addestramento degli astronauti NASA ed i piani di volo delle missioni. 

Il programma dell'iniziativa
Insomma, una pacchia per gli appassionati! E va detto che con qualche sorpresa anche oggi, a decenni da quegli eventi, pochi eventi del '900 possono vantare il titolo ben meritato di "epopea" come la, diciamolo pure con retorica, conquista della Luna. Anni fa mi fu proposto di tenere una serie di conferenze sulle esplorazioni spaziali, evidentemente basandosi sul tanto popolare quanto errato assunto che un astronomo debba necessariamente essere anche esperto di spazio. Nella realtà non è così, ma è anche vero che per tutti coloro che negli tardi anni '60 e primi anni '70 erano bambini,  e successivamente nella vita hanno avuto la fortuna di potersi dedicare ad un'attività scientifica, le missioni Apollo e l'atmosfera magica di quel periodo, accompagnata dalle prime immagini in bianco e nero degli astronauti saltellanti sulla Luna, hanno lasciato un'impronta indelebile. Quelle conferenze, di fatto, ebbero un successo di pubblico (di critica non so...) clamoroso. Ed in tempi di crisi globale, il tornare per qualche tempo ad un'epoca, piena di contraddizioni, dove però sembrava che non ci fosse un problema che con passione e dedizione non potesse essere risolto, probabilmente male non fa. Magari anche solo per reagire con un confronto critico all'epoca attuale dove invece sembra che nessun problema possa essere mai risolto, e l'unica alternativa per il futuro sembra essere quella di salvarsi fino a che è possibile.

Che la magnifica desolazione ci ispiri ancora un po'.


venerdì 9 novembre 2012

Come si divulga la spettroscopia?

Tema eccitante che sicuramente toglierà il sonno a tutti i lettori...

A parte gli scherzi, però, effettivamente il problema esiste. 

A tutti coloro che, a vario titolo, si occupano di divulgazione scientifica, in astrofisica in particolare, è chiaro che anche di fronte all'uditorio più svogliato qualche bella immagine astronomica attira sempre l'attenzione. Scartabelliamo lo scrigno magico dell'Astronomy Picture of the Day (APOD), per esempio, ed oggi troviamo la nebulosità di Melotte 15, e di fronte ad un'immagine oggettivamente magnifica non è difficile intrattenere qualunque pubblico.

Le magnifiche nebulosità di Mel 15
Le cose però cambiano se oltre ad eccitare l'immaginazione di chi ci ascolta, cosa per altro sempre positiva se si fa attenzione al giusto bilancio fra fascino, poesia, e scienza, si vuole compiere autentica divulgazione scientifica. Ovvero parlare di fisica ed astrofisica fornendo qualche maggiore informazione di un'occasionale finestra sulle meraviglie del cosmo.

Me ne sono accorto direttamente quando mi è stato proposto di scrivere un articolo divulgativo per il mensile di divulgazione scientifica "le Stelle". Il tema doveva essere, ed è stato, quello di parlare di uno strumento estremamente innovativo che grazie anche al lavoro di molti astronomi dell'INAF è operativo da qualche anno con il telescopio VLT di ESO. Si tratta dello spettrografo X-shooter, oggettivamente uno degli strumenti astronomici più innovativi entrato "in linea" negli anni recenti. Essenzialmente si tratta di uno strumento che grazie all'uso di componenti ottiche avanzate permette agli astronomi di osservare, ovvero nel caso specifico di prendere spettri, dall'ultravioletto all'infrarosso durante la stessa osservazione.
X-shooter

E qui abbiamo già dei problemi, perché parlare di componenti ottiche avanzate (dei dicroici, se siete curiosi...) presenta qualche difficoltà. Ma anche senza entrare in dettagli tecnici in fondo secondari, è già non banale spiegare in maniera possibilmente interessante e chiara perché la spettroscopia è importante e cosa serve.

Qui, per fortuna, il bravo Andrea Simoncelli, appassionato divulgatore scientifico, mi è giunto in soccorso e, a quattro mani, siamo riusciti a produrre l'articolo in questione che è pubblicato nel numero di novembre della rivista. Si intitola: "Fantastici spettri dai mille colori".
Naturalmente è tutto da dimostrare che siamo riusciti nell'intento, ovvero divulgare senza annoiare e, magari, riuscire a comunicare un poco dell'eccitazione degli specialisti per le macchine "per fare scienza" che la moderna tecnologia ci mette a disposizione. Al momento i primi responsi sembrano positivi, e vedremo se in futuro potremmo tornare a tentare di nuovo un simile esperimento.


martedì 30 ottobre 2012

Speed geeking a Genova

E che roba sarebbe?

Ammetto che talvolta la "mania" di usare termini anglosassoni possa produrre effetti persino pacchiani.

Lo "speed geeking", comunque, leggo dalla brochure dell'evento che ora introdurrò, è: "un nuovo modo veloce e partecipativo di presentare la scienza, vede in campo ricercatori e tecnici dell'industria intenti a raccontarci le loro esperienze con i telescopi dell'ESO, sia dal punto di vista della costruzione che dell'uso e dei risultati scientifici".

Chiaro?

Immagino di no, ma non fa nulla. Quello che invece è importante è che a Genova, nell'ambito del Festival della Scienza, abbiamo una serie di iniziative per festeggiare un compleanno davvero speciale: i 50 anni dalla fondazione dell'ESO, lo European Southern Observatory, o Osservatorio Europeo dell'Emisfero Sud.

Davvero sarebbe difficile immaginare la moderna astrofisica europea senza l'ESO e ciò che dall'esistenza di questa istituzione è derivato: meccanismi collaborativi fra astronomi di paesi diversi, sviluppo di procedure operative sovra-nazionali, internazionalizzazione spinta dei contesti lavorativi, ecc. Era il 1982 quando l'Italia entrava a fare parte dell'ESO che, naturalmente, già esisteva da vent'anni. E certamente era un'Italia e un Europa diversa quella che imbastiva piani scientifici sempre più ambiziosi da quella di adesso, sempre più chiusa in se stessa impaurita da qualunque sfida o difficoltà.

Ma speriamo che i tempi siano maturi per risalire la china. 

Referente italiano per il network di divulgazione scientifica di ESO è una valida collega dell'INAF / Osservatorio Astronomico di Brera: Anna Wolter. E, appunto, fra le varie iniziative legate a questo genetliaco c'è, domani, mercoledì 31 ottobre, lo "speed geeking", dove alcuni scienziati utenti di ESO potranno comunicare le proprie esperienza al pubblico sperimentando questa per certi versi innovativa modalità di comunicazione della scienza.

La sede è presso la Nuova Biblioteca Universitaria di Genova - ex Hotel Colombia Excelsior, all'interno della mostra "Sempre più lontano". In via Balbi 40. Qui potete trovare una mappa. Ci saranno due eventi distinti per il pubblico, alle 11:30 ed alle 15:00. 

Dino Fugazza, un altro collega di Brera, ed io, insieme a diversi altri astronomi dell'INAF perteciperemo allo speed geeking cercando di comunicare al pubblico presente come, nella nostra vita professionale, tramite gli strumenti di ESO, siamo riusciti ad affrontare le varie sfide dei nostri settori di ricerca. 
 
Io parlerò, per esempio, di come è diversa, rispetto a come la gente tipicamente immagina il lavoro dell'astronomo, l'attività di chi si occupa dei lampi di luce gamma, o gamma-ray burst. E' stata definita astronomia "vibrante", ed il termine sebbene certamente un po' enfatico non è fuori luogo. Guidare osservazioni di fenomeni la cui durata si misura in secondi e che sono completamente non predicibili richiede tecnologie d'avanguardia ed un'organizzazione su scala realmente planetaria. A tutti gli effetti un'affascinante avventura intellettuale che tutt'ora catapulta, parola da intendere in senso quasi letterale, gli studenti che cominciano a lavorare in questo settore in un mondo dinamico ed interconnesso dove a qualunque ora, quando un evento interessante è rivelato da qualche satellite, si è chiamati a presiedere osservazioni con le meraviglie tecnologiche a nostra disposizione come il VLT.
 
Appuntamento allora, pioggia permettendo purtroppo, a Genova!
 
 


venerdì 26 ottobre 2012

Il Principio Antropico

Prima o poi a chiunque si occupi di divulgazione scientifica capita di dover affrontare il grande tema del principio antropico. 

Di cosa si tratta è abbastanza noto, la nostra esistenza come esseri pensanti dipende in maniera intricata ma diretta dai processi fisici che regolano il nostro universo. Ed appare quantomeno bizzarro come questi processi o anche solo le varie constanti che ne regolano l'intensità siano accordate in maniera estremamente fine per permettere che noi si stia qui a contemplare l'universo stesso. E' ben noto l'esempio, che risale già a Brandon Carter, l'autore dell'espressione "principio antropico", secondo il quale una variazione infinitesima della, ad esempio, costante di gravitazione universale porterebbe le stelle a non formarsi del tutto o l'universo a collassare su stesso in un tempo estremamente breve. 

Ce ne sono realmente tantissime di "coincidenze", ed il discutere di queste cose al meglio della nostra attuale conoscenza porta immediatamente a porsi delle domande su universo, evoluzione, religione, ecc. Si passa quindi dai più classici paradigmi del razionalismo ateo a quelli del disegno intelligente o anche al fondamentalismo creazionista. 

Ma la risposta a queste domande, oggettivamente, ancora non l'abbiamo. Perlomeno una risposta che possa definirsi scientifica, cioè falsificabile almeno in linea di principio.

In ogni caso stasera, al planetario di Lecco, alle 21, parleremo proprio di principio antropico e di cosa esso implichi per la nostra conoscenza dell'universo e, in fondo, di noi stessi. 

Come è d'uso dire, se siete da queste parti, intervenite numerosi!

 

sabato 8 settembre 2012

Pulcinella astronauta?



Trovate improbabile l'accostamento fra la famosa maschera napoletana ed il super-tecnologico mestiere di astronauta?
Forse no. Ma andiamo per ordine.

L'entrata momunmentale dell'Osservatorio
Innanzitutto il 2012 è un anno speciale per Napoli e per una delle sue più benemerite istituzioni: l'Osservatorio Astronomico di Capodimonte. Nel 1812, infatti, su decreto di Gioacchino Murat, allora regnante nella città partenopea, cominciarono i lavori per la costruzione di un moderno osservatorio. Lavori che si conclusero pochi anni dopo quando però era di nuovo Ferdinando I di Borbone sul trono. E da allora, con alterne vicende non disgiunte da quelle della città e del mezzogiorno d'Italia, l'osservatorio rimane una presenza prestigiosa posto per altro in una posizione magnifica, con visione mozzafiato sul golfo.

200 anni sono molti, e l'Osservatorio, oggi parte dell'INAF, ha messo in campo infatti una serie di iniziative per festeggiare in maniera degna l'evento. Iniziative sia legate all'attività scientifica vera e propria che alla divulgazione.

Fra meno di due settimane infatti, dal 20 al 22 settembre, a Napoli si terrà il Congresso Nazionale GRB, o, se preferite in italiano, lampi di luce gamma. I congressi nazionali sono, di solito, un segno della buona salute di un contesto di ricerca, e sono il luogo ideale nel quale i giovani possono cominciare a presentare i loro lavori di fronte a, diciamo così, i più esperti del campo. In ogni caso l'ambiente più rilassato ed informale di un congresso nazionale, rispetto ai più comuni incontri internazionali, facilita anche la formazione di collaborazioni, progetti comuni, ecc. 

Il Comitato di Organizzatore Scientifico, in inglese SOC, presieduto ha Massimo della Valle, direttore dell'Osservatorio di Capodimonte, e Gianpiero Tagliaferri, responsabile italiano della missione Swift, ha ben sottolineato l'importanza dell'evento:

"Quest'anno la comunità nazionale GRBs si riunirà a Napoli. La scelta logistica è stata suggerita da ragioni "storiche". Nel marzo 2012 sono partite le celebrazioni per il bicentenario della fondazione dell'Osservatorio di Capodimonte, e ci è sembrata una buona idea onorare tale ricorrenza organizzando un congresso che - in considerazione del contributo dato dall'Italia allo studio dei GRBs - sarà "nazionale" solo per l'utilizzo della lingua italiana."

Immagine tradizionale di Pulcinella
Come si diceva, accanto agli impegni scientifici veri e propri, ci sarà ampio spazio per la divulgazione scientifica, e la sera di giovedì 20 settembre, alle 20:30, il presidente dell'INAF nonché eccellente divulgatore, Giovanni Bignami, presenterà una conferenza pubblica dal titolo, appunto, "Pulcinella astronauta". Per chi può ed è in zona, direi un appuntamento assolutamente da non perdere!

 

domenica 26 agosto 2012

In morte di Neil Armstrong

Houston, Tranquility Base here. The Eagle has landed.
C'è bisogno di aggiungere altro?
Forse più dell'arcinota frase sul "piccolo passo per un uomo", certamente epica, ma inevitabilmente costruita ed un po' artificiale, la scarna retorica della pura elencazione dei fatti: "l'Aquila è atterrata", mi sembra la migliore metafora dell'epopea delle missioni lunari. E probabilmente anche il migliore epitaffio pubblico per un eroe schivo, come è stato definito.
Neil Armostrong
Il 20 luglio 1969, lascio ad altri, per oggi, le infinite e talvolta sterili discussioni sul significato geopolitico, economico, strategico, ecc. dell'evento, Neil Armstrong entra quindi nel mito, incarnando come meglio non sarebbe stato possibile lo spirito simbolico di quell'epoca, gli anni '60. 
 Alla notizia della sua dipartita, alla comunque rispettabile età di 82 anni, mi viene in mente una poesia di Guido Gozzano, compagno non sempre gradito degli studi liceali. Alla morte di Jules Verne, nel 1905, il poeta torinese compone infatti un ode che rimane spesso dimenticata nei polverosi tomi sulla poesia decandente. E non mi sorprende, esprime infatti una vitalità ed una sensibilità per il maestro, scrive Gozzano, dei sogni avventurosi, che mal si addice alla ostentata serietà delle accademie letterarie.
E insieme a tutti coloro, bimbi in quell'epoca, o già grandicelli o magari non ancora nati, che comunque come me ancora sentono il fascino dell'epopea lunare dedico la stessa poesia al comandante dell'Apollo 11. E sia con te dolce la terra.
O che l'Eroe che non sa riposi
discenda nella Terra, o che si libri
per le virtù di cifre e d'equilibri
oltre gli spazi inesplorati ed osi

tentar le stelle, o il Nautilo rivibri
e s'inabissi in mari spaventosi:
Maestro, quanti sogni avventurosi
sognammo sulle trame dei tuoi libri!

La Terra il Mare il Cielo l'Universo
per te, con te, poeta dei prodigi,
varcammo in sogno oltre la Scienza.

Pace al tuo grande spirito disperso,
tu che illudesti molti giorni grigi
della nostra pensosa adolescenza.
 

martedì 21 agosto 2012

E l'ultimo chiuda la porta...

Non si riesce mai a finire una missione di manutenzione/aggiornamento di REM con calma... e l'ultimo giorno è sempre il più faticoso. Colli da spedire con materiale che non serve più, cose da mettere in ordine, le ultime modifiche per lasciare il sistema operativo, e così via. In sostanza si corre da quando ci si alza fino alla partenza. Comunque, come si diceva, nulla di inusuale!

Ieri sera niente raggio verde. Un bel tramonto, ma senza extra. La nottata è stata comunque serena e non fredda, e così siamo riusciti a concludere il lavoro che ci eravamo prefissasti. Ovviamente appena saliti sull'aereo scopriremo di avere dimenticato qualcosa, ma per ora siamo abbastanza soddisfatti.

Alcuni telescopi di La Silla. REM è nella struttura "a garage" in centro immagine.
La trafila per il ritorno è ormai nota. Due/tre di macchina fino a La Serena, quindi in volo verso Santiago, e poi taxi per la guesthouse. Arriveremo quindi abbastanza tardi nella capitale. Il volo internazionale di ritorno sarà però dopodomani. Domani invece ci sarà tempo per curare un po' di collaborazioni con astronomi di queste parti. L'intenzione è di passare nei gradevoli uffici ESO di Santiago e quindi presso la Pontificia Universidad.

Ma certamente non mancherà una bella cena in qualche ristorante nel pittoresco quartiere di Bellavista, sotto il panoramico Cerro San Cristobal, una delle attrazioni turistiche della città.

Sono quasi le tre locali ed è ora di scendere presso gli uffci dove il taxi ci preleverà fra non molto. Un ultimo controllo e, come sempre, l'ultimo chiuda la porta...!


lunedì 20 agosto 2012

Quasi ci siamo...

Secondo raggio verde su due tramonti consecutivi. Siamo in corsa per il guinnes...

E' pieno inverno da queste parti, ma queste nottate tiepide e quasi senza vento sono spettacolari. Il confronto con la notte di tempesta "sul ponte" di pochi giorni fa è stridente.


Un simpatico asinello nei pressi di REM
Ieri notte, come avevo annunciato, ci siamo occupati del modello di puntamento. In pratica significa che abbiamo selezionato un adeguato numero di stelle brillanti sparse nelle varie posizioni in cielo e ad ogni puntamento dopo avere portato la stella al centro campo calcolavamo la differenza fra la posizione teorica e quella comunicata dal telescopio. Dopodiché una normalissima procedura di "best-fit" ci ha permesso di ricavare i vari parametri del modello di puntamento che viene applicato ad ogni movimento del telescopio.
Detto così suona facile, e in effetti lo è, ma i  nostri tentativi di trovare la prima stella e centrarla nel campo di 10 primi quadri del telescopio avevano un che di fantozzesco... d'altra parte le discrepanze possono anche essere dell'ordine del grado, e quindi non è che l'impresa sia poi del tutto banale. Trovata la prima stella e quindi stimati gli offset sull'azimut ed elevazione, anche grossolanamente, il tutto si semplifica ed il lavoro prosegue in, relativa, discesa!

Compiuta comunque l'impresa ci rimane l'ultima notte qui a La Silla, ed il nostro obiettivo è quello di riattivare tutti i vari sotto-sistemi (camere, processamento, movimentazione, ecc.) in modo da riportare il telescopio alla piena operatività.

E, dopo di questo, mettere in ordine... 
Si tratta di gran lunga del compito più arduo per il team al lavoro qui a La Silla. Anni fa ho avuto occasione di vedere il telescopio svizzero da 1.2m che è posto nelle vicinanze di NTT. Si tratta di un altro telescopio "a progetto" ed anche in questo caso nonostante la piccola taglia ha rappresentato un esperimento di enorme successo. Gran parte dell'ormai fiorente astronomia degli exo-pianeti si è sviluppata qui con quel telescopio. Ebbene entrando nella sala di controllo o nella cupola ho temuto di dover mettere le "pattine" tanto era evidente l'ordine svizzero, appunto, del tutto. Oggettivamente a REM siamo agli antipodi con una specie di bazar di cavi, connettori, utensili, pezzi di hardware non sempre chiaramente identificati, ecc. Noi combatteremo la nostra onesta battaglia, ma temo che come tutte le altre volte ci toccherà soccombere senza grande onore...

Una suggestiva immagine del crinale di La Silla

domenica 19 agosto 2012

Raggio Verde!

Un bellissimo raggio verde, e se non bastasse anche un'intensa la luce zodiacale!

Brindisi al tramonto!
Ieri sera cielo da favola a La Silla. Finalmente passata la bufera la temperatura è tornata gradevole ed il cielo si è ripulito virando verso l'usuale blu intenso. E, come in realtà accade non poi raramente da queste parti, il tramonto ci ha regalato un magnifico raggio verde. Il fenomeno è noto ed è legato alla rifrazione della luce solare attraverso l'atmosfera. Non ha nulla di misterioso, ma è in effetti estremamente suggestivo e, di solito, indicatore di atmosfera tersa e stabile. Ed infatti appena fatta notte piena si rende visibile un'intensa luce zodiacale, dal punto dove il Sole è tramontato lungo l'eclittica fino a lambire Marte e Saturno che in queste notti coronano Spica. In questo caso il fenomeno è legato alla riflessione da parte di particelle di polvere nel piano dell'eclettica ed è particolarmente visibile poco dopo il tramonto a causa della favorevole angolazione fra sole ed osservatore.

L'autore di questo blog in una posa fintamente naturale...
Ben più importante però, le operazioni di allineamento delle ottiche di REM a cui avevo accennato un paio di giorni fa sono andate a buon fine. REM ha un percorso ottico non semplicissimo, ed è da questo punto di vista po' "ostico" da regolare, ma probabilmente con un po' di fortuna abbiamo trovato una soluzione soddisfacente.

Il passo successivo delle operazioni di manutenzione del telescopio per poterlo quindi rimettere in funzione sarà quello di derivare un modello di puntamento, probabilmente già questa notte. Il modello di puntamento è, in sostanza, una relazione matematica fra puntamento teorico e puntamento reale. Per quanto la lavorazione meccanica di un telescopio e della sua montatura possano essere accurate non si raggiungerà, evidentemente, mai la perfezione. Gli assi non saranno perfettamente perpendicolari, l'allineamento nord-sud, la verticalità, ecc. potranno avere alcune piccole imperfezioni e, di fatto, quando si punta a determinate coordinate celesti nella realtà il telescopio punterà in una direzione (lievemente) diversa. Un buon modello di puntamento permette di compensare queste imperfezioni.

sabato 18 agosto 2012

Un crinale di telescopi

Oggigiorno La Silla è diventato un osservatorio dedicato a progetti specifici, come appunto il nostro REM a anche altri che fra breve vedremo. Mentre le osservazioni "generiche" sono condotte al Cerro Paranal dove abbiamo la meraviglia tecnologica del VLT. Meraviglia che però ha le sue radici ancora a La Silla.

Innanzitutto dove si trova esattamente La Silla? Abbiamo detto essere intorno ai confini sud del deserto di Atacama. Google maps offre una magnifica possibilità di osservare la struttura dell'osservatorio "a volo d'uccello".  Questo è il link.
Come si può vedere la struttura segue il profilo del crinale di una montagna ad una quota che arriva fino a circa 2500m. Questa zona del Cile è ben nota da tempo per l'eccellenza del cielo per le osservazioni astronomiche. Da La Silla infatti è agevole vedere, verso nord-est più o meno, l'osservatorio americano di Las Campanas ad una trentina di chilometri in linea d'aria. A Las Campanas abbiamo i due telescopi gemelli da 6.5m Magellan che da La Silla sono visibili con particolare risalto.
Ma molto più sorprendente è il fatto che un occhio allenato è in grado di vedere, verso sud, a più di un centinaio di chilometri sempre in linea d'aria, l'osservatorio americano del Cerro Tololo. In effetti negli ultimi anni, dopo la costruzione del grande telescopio Gemini-Sud, l'impresa è diventata parecchio più agevole.
Veduta di La Silla dalla cupola del telescopio spettroscopico da 1.5m
La densità di telescopi sul crinale di La Silla, dai più piccoli ai più rilevanti, è oggettivamente notevole. La struttura che ospita REM è quella in primissimo piano nel panorama qui sopra. Quando il tetto scorre il telescopio rimane completamente all'aria aperta, requisito ovviamente legato alle necessità di puntamento veloce che  rendevano una cupola tradizionale sostanzialmente inadatta.

Nella foto a sinistra, limitandoci agli strumenti principali, vediamo al centro in fondo svettare la struttura del 3.6m. A fianco si vede una curiosa torre che ospitava un telescopio spettroscopico. La cupola del 3.6m è realmente enorme per la taglia del telescopio in quanto il basamento contiene anche un'ampia varietà di laboratori. Poco sotto a sinistra, in una curiosa struttura a scatolone, abbiamo il principale telescopio di La Silla: il New Technology Telescope, NTT. Questo telescopio ha costituito il banco di prova per sviluppare le tecnologie, hardware e software, che poi ESO ha impiegato nel VLT. Alle Canarie abbiamo un fratellino di NTT, si tratta del Telescopio Nazionale Galileo, TNG, costruito infatti facendo tesoro delle varie esperienze di ESO. Per inciso, il direttore di TNG, Emilio Molinari, è stato parte della spedizione REM di cui stiamo parlando. Infine, nella cupola argentea, abbiamo il telescopio da 2.2m. La taglia del telescopio è relativamente modesta al giorno d'oggi, ma lo stesso alimenta uno degli strumenti ottici più avanzati attualmente esistenti al mondo. Si tratta di GROND. Applicando sostanzialmente le stesse tecnologie a cui abbiamo accennato per REM, è capace di ottenere immagini in completa simultaneità in diverse bande ottiche ed infrarosse, offrendo una copertura spettrale degli oggetti osservati estremamente efficace al costo del tempo che, solo pochi anni fa, sarebbe stato necessario per ottenere osservazioni in una sola banda.

venerdì 17 agosto 2012

A La Silla con il "nebiün"

La Silla nelle nubi dallo spiazzo dell'officina
Ebbene sì, anche nei siti delle 330 notti osservative l'anno capita occasionalmente che sia brutto tempo...
Ieri sera vento da lupi, freddo, e quindi nottata al calduccio a letto. Non aiuterà ad alimentare il mito dell'astronomo combattente, ma io ho gradito la pausa... e stamattina risveglio immersi nelle nubi. Tutto sommato l'osservatorio in questa luminosità lattigginosa è anche suggestivo.

Fra l'altro, sempre per descrivere con dovizia di particolari la dura vita dell'astronomo impegnato in osservazioni, ieri sera a cena la cucina di La Silla ci ha regalato nientedimeno che sushi di buona qualità. Può suonare strano, visto che siamo in un deserto, ma non dimentichiamo che il Cile è un paese con una fiorente industria della pesca. Ed il mare è a due/tre ore di macchina da qui.

Comunque sia approfittando della notte di riposo oggi stiamo cercando di curare alcuni dettagli logistici. Per esempio siamo scesi all'officina meccanica dell'osservatorio per chiedere di produrre una piccola flangia per fissare degli alimentatori all'albero della strumentazione di REM. Nulla di complesso, entro pranzo sarà pronta. Poi, come sempre, ci sono un'infinità di connettori da piazzare, cavi da guidare in maniera opportuna, colli da spedire, ecc. 

Nei pressi dell'officina, tra l'altro, abbiamo anche incontrato una simpatica famiglia di volpacchiotti, evidentemente ben acclimatati al luogo. Non sono sembrati particolarmente spaventati, chiaro che vivono ormai in simbiosi con il personale di La Silla.

Pare comunque che le previsioni per domani ed i prossimi giorni siano buone. Per cui plausibilmente stasera osserveremo. Il nostro obiettivo per stanotte è quello di allineare le ottiche di REM. Impresa di suo non estremamente complessa ma certamente delicata. Si tratta di una serie di operazioni con lo scopo di allineare l'asse ottico degli specchi del telescopio, primario, secondario e terziario e gli stessi con l'asse dei rivelatori.


Per domani, invece, vedremo di scoprire, brevemente, gli altri telescopi attualmente operativi a La Silla. Vedremo che alcuni di essi hanno letteralmente guidato la storia della moderna astronomia europea.

giovedì 16 agosto 2012

Il telescopio REM

REM, Rapid Eye Mount. non ha ovviamente nulla a che vedere con il gruppo pop ormai sciolto di Michael Stipe e compagni.

Il telescopio REM con il centro galattico sullo sfondo
Si tratta, al contrario, di un ambizioso progetto tecnologico che risale, nelle fasi di design, ad ormai quasi 10 anni fa. Il telescopio è di piccola taglia, 60cm, in molti gruppi astrofili ce ne sono di più grandi, ma è stato congegnato per studiare in maniera efficiente uno dei fenomeni più intriganti della moderna  astrofisica: i lampi di luce gamma, o gamma-ray burst.
Nelle fasi iniziali di questi eventi possiamo infatti avere emissione ottica molto brillante. In un caso, addirittura, si è raggiunta una magnitudine tale da essere in linea di principio osservabile ad occhio nudo. E tuttavia il fenomeno per essere osservato richiede un'estrema rapidità di reazione. Poche decine di secondi al massimo, e da qui la necessità di progettare un telescopio che potesse puntare verso una regione di cielo non nota a priori molto velocemente. Oltre alla struttura meccanica, per ottenere questo risultato, è stato necessario progettare un telescopio completamente robotico in modo da poter evitare tempi morti di reazione, e capace di lavorare a più di diecimila km dagli astronomi che l'hanno progettato. Il supporto degli efficienti tecnici di ESO in loco è sempre stato notevole, ma è chiaro che l'ottenere i risultati accennati ha richiesto di sviluppare delle modalità completamente nuove di concepire un telescopio da terra.
Qui possiamo per altro vedere un semplice video con una dimostrazione del funzionamento del telescopio per le scuole.
Il gruppo strumenti di REM.
In aggiunta a questo, ed in maniera un po' più tecnica, il telescopio segue alcuni dei dettami progettuali presenti nei moderni strumenti ottici. Ovvero la massimizzazione della raccolta dati a parità di tempo osservativo. Nel percorso ottico infatti si ha la presenza di un componente ottico, detto "dicroico", che è in grado di separare la luce raccolta dal telescopio in due fasci: uno con radiazione superiore a circa 1 micron, il vicino infrarosso, ed uno a lunghezze d'onda inferiori, la banda ottica. I due fasci quindi vengono raccolti da due camere indipendenti ed in questo modo il telescopio osserva simultaneamente nell'ottico e nel vicino infrarosso.

Gli specchi primario e terziario di REM
Il gruppo di tecnici ed astronomi presenti in vari turni qui a La Silla (Fabrizio Vitali e Francesco D'Alessio da Roma, Emilio Molinari da TNG, Giuseppe Malaspina, Daniela Tresoldi, Giseppe Crimi, Dino Fugazza ed io da Brera) sta infatti lavorando per migliorare ancora le prestazioni sostituendo la vecchia camera ottica con una di nuova concezione che, inserendo altri prismi dicroici, è in grado di ottenere, in maniera simultanea, osservazioni in 4 filtri diversi. Evidentemente moltiplicando l'efficienza scientifica del telescopio congiuntamente, naturalmente, all'eccezionale trasparenza del cielo di La Silla.

Inoltre, sfruttando l'occasione di questo importante "upgrade", si è proceduto ad una manutenzione generale di tutte le componenti, hardware e software, che ci vedrà occupati per probabilmente un'altra settimana. Avremo tempo quindi di parlane ancora!


mercoledì 15 agosto 2012

Briefing prima delle osservazioni

Comunque si arrivi al nostro osservatorio, una volta che ci siamo acclimatati il primo passo per cominciare le attività osservative vere e proprie è quello di contattare, o essere contattati, dall'astronomo di supporto. Questa figura assume nomi a volte diversi in diverse organizzazioni, ma in sostanza è un astronomo con il compito di introdurre l'osservatore alla strumentazione, al telescopio, ecc. Di fatto la strategia osservativa e le scelte specifiche di configurazione della strumentazione possono essere discusse in questa fase in modo da adattarle al meglio alle condizioni del momento.
Uno scorcio della sala riunioni di La Silla

A differenza, infatti, di quanto comunemente si crede, la conduzione di una campagna osservativa richiede una pianificazione molto precisa delle azioni. Probabilmente qui diamo un ulteriore colpo alla visione romantica delle osservazioni astronomiche, ma l'idea di essere in cupola con il vostro telescopio a disposizione e, magari, pensare che Giove è così brillante questa notte che potrebbe essere carino osservarlo è in effetti nella realtà implausibile. La competizione per l'utilizzo dei moderni telescopi è così alta da rendere necessario utilizzare ogni minuto a disposizione sull'obiettivo primario.

Val la pena, probabilmente, di aprire una veloce parentesi per spiegare come nasce un programma di osservazioni. Il tutto, naturalmente, parte da un'idea scientifica, per esempio un problema aperto o la verifica di una predizione di un modello teorico. Periodicamente, per ESO ogni sei mesi, è possibile presentare delle proposte di osservazione ai vari osservatori, e queste proposte sono documenti piuttosto dettagliati nei quali si spiega il contesto generale dell'idea, il tipo di osservazioni necessarie per il progetto, e tutte le varie informazioni di contorno sulla procedura osservativa da seguire, il tempo telescopio necessario, e così via. A questo punto dei comitati di astronomi si riuniscono e valutano quali proposte sono le più meritevoli ed interessanti ed assegnano il tempo disponibile a queste. Come accennavo la competizione è estremamente sensibile. Ad ESO a seconda dei vari telescopi/strumenti si può andare da un fattore 3 a quasi 10 nel rapporto fra proposte presentate e quelle accettate.

Definita comunque la strategia nel dettaglio, l'attività osservativa comincia al tempo stabilito e gli astronomi coinvolti nelle osservazioni si trovano nella sala di controllo dove il telescopio e gli strumenti vengono poi guidati da personale specializzato. Ebbene sì... neppure il telescopio è "toccato" dall'astronomo. La complessità e sofisticazione delle moderne strumentazioni fa sì che tutte le operazioni vengano compiute da persone parte dello staff dell'osservatorio lasciando all'astronomo il solo compito di definire e valutare la strategia scientifica. Si tratta a dire il vero di una configurazione molto efficiente anche se, ammetto, può generare qualche disappunto in appassionati che magari sognano di poter "mettere le mani" su uno dei moderni giganti dell'astronomia ottica. In effetti, come ho accennato poco fa, addirittura le attività avvengono nella sala di controllo, e questo locale non è più nemmeno nelle vicinanze del telescopio. Qui a La Silla la "control room" è ad un paio di chilometri dai telescopi controllati, e tutto avviene ormai in maniera remota.

In realtà l'essere tutti quanti nella sala di controllo presenta diversi vantaggi. Per esempio durante le osservazioni può essere interessante vedere cosa stanno facendo altri colleghi con gli altri telescopi dell'osservatorio in qui siete. E queste strutture sono in generale piuttosto confortevoli, affossando ancora di più l'immagine eroica dell'astronomo sul picco della montagna con il suo telescopio isolato dal mondo...

E, a supporto delle fatiche delle notti osservative, va detto che la magnifica cucina di La Silla sa anche escogitare interessanti contromisure...
Per prepararsi alle lunghe notti osservative dell'inverno australe si possono
utilizzare strumenti di antica e consolidata efficacia.
Nella prossima puntata avremo invece modo di capire meglio cosa stiamo facendo noi con REM.

martedì 14 agosto 2012

La Silla

Taxi alle 8:30 dalla guesthouse. Quindi c'è anche il tempo di fare una buona colazione senza svegliarsi troppo presto. E quindi di nuovo nel traffico della capitale per una buona ora verso l'aeroporto. In compenso all'aeroporto non c'è fila particolare ed in breve siamo di nuovo in volo verso La Serena. Il tragitto è paragonabile ad un Milano-Roma, con però il magnifico panorama della costa oceanica a sinistra ed il terreno sempre più brullo e desertico mano a mano che si sale verso nord. Poco prima di atterrare un occhio attento può scorgere in lontananza verso l'interno le cupole dell'osservatorio americano del Cerro Tololo con il telescopio Gemini-South.

A La Serena purtroppo il cielo è di nuovo coperto, anche se la temperatura comincia ad essere molto più gradevole. La macchina ESO ci aspetta e quindi ci muoviamo verso l'interno. In realtà, per una buona parte del tragitto, costeggiamo la costa lasciando alle spalle l'ampia baia sabbiosa di La Serena e Coquimbo, ed il Pacifico ci regala alcuni scorci suggestivi mentre le colline e montagne dell'interno assumono la tipica colorazione bruna di queste zone.

Tipico panorama lungo il tragitto verso La Silla
La zona tecnicamente non è ancora definita deserto, siamo intorno ai confini sud del deserto di Atacama vero e proprio. In effetti la vegetazione stentata, e tipica delle zone aride, è però ampiamente presente. Ci sono anche diversi cactus con la curiosa forma a candelabro. Nel complesso ricorda abbastanza il panorama di alcuni film western, o magari il teatro delle sfortunate imprese di Wile Coyote...

A dire il vero, il viaggio dura più del previsto. Lungo la strada infatti abbiamo il "piacere" di incontrare un trasporto eccezionale che occupa tutta l'ampia carreggiata. Una specie di enorme pignone. In pratica per un'oretta ce lo teniamo davanti fino a quando ci è possibile superarlo e ritroviamo, finalmente, la strada libera.

La caretera panamericana
E' abbastanza interessante comunque vedere come anno dopo anno si "popola" quest'area desertica, lungo il tragitto incontriamo persino una centrale eolica in costruzione. La ricerca di infrastrutture moderne del Cile è decisamente impressionante.

In ogni dopo circa 2 ore di viaggio è possibile vedere la sella montana, "la silla" appunto, su cui è adagiato l'osservatorio anche se siamo, in linea d'aria, ancora a diverse decine di chilometri di distanza. E' decisamente una visione magnifica, anche per i non astronomi.

Pur avendo ormai ho perso il conto delle volte che sono salito a questo osservatorio rimane sempre un piacere tornarci. Più che in tutti gli altri che mi è capitato di poter visitare. In un certo senso comunica un'aria di familiarità. Appena arrivati infatti incontriamo alcuni tecnici cileni ed è un po' come salutare vecchi amici. 

In ogni caso una volta assegnata la stanza e goduto di un buon pranzo siamo pronti per cominciare. Ma di questo parleremo la prossima puntata! Per il momento concludo con la visione dalla mia finestra...

Panorama verso est dalla mia stanza. In basso l'infermeria dell'osservatorio


Guesthouse

Atterrati verso le 8, troviamo una Santiago piuttosto uggiosa e freddina. Niente di speciale comunque, da queste parti siamo in fondo nell'equivalente del nostro febbraio.

Il tempo comunque di espletare le varie formalità doganali e siamo in mano ad ESO, come sarà più o meno sempre fino alla fine della nostra missione.

ESO, ovvero European Southern Observatory, Osservatorio Europeo dell'Emisfero Sud, è un'organizzazione europea sovra-nazionale nata nel 1962, con lo scopo di costruire strumenti osservativi per astronomia ottica che permettessero all'astronomia europea di porsi all'avanguardia e comunque in grado di competere con, per esempio, gli Stati Uniti. Se vogliamo una cosa tipo il CERN per l'astronomia. L'Italia, però, si è aggiunta alle nazioni del consorzio solo nel 1982 per varie ragioni, ed oggi il consorzio include anche nazioni che europee non sono (il Brasile, per esempio). Se si da un'occhiata veloce alle varie realizzazioni che nel corso degli anni ESO è stata in grado di portare a termine si tratta senza dubbio di uno degli esempi di maggiore successo di cooperazione continentale. C'è da sperare, apro e chiudo una parentesi, che nell'attuale degenerazione isterica non ci si riesca di sfasciare anche questo.

In ogni caso, come accennavo sopra, appena fuori dall'aeroporto troviamo il taxi organizzato da ESO che nel traffico intenso del Santiago del lunedì mattina, orario di punta quanto non mai, ci porta, finalmente, alla "guesthouse", o "casa de Huespesdes". Si tratta di una graziosa villetta con diverse stanze nel quartiere residenziale di Santiago di "Las  Condes" dove, normalmente, gli astronomi che si apprestano ad essere trasferiti verso uno dei siti osservativi cileni dell'ESO pernottano per una o più notti a seconda delle necessità. Al lato pratico è in sostanza un piccolo albergo per astronomi che, nel corso degli anni, è diventato una specie di punto fermo sociale per gli osservatori europei. A pranzo o a cena si può discutere delle osservazioni effettuate o da fare, sentire qualche curiosità dell'ambiente (si, insomma, vero e proprio gossip astronomico...), e così via.

Il patio della guesthouse ESO a Santiago
Nel nostro caso, io ed il mio collega Dino Fugazza, ceneremo nella guesthouse e domani mattina partiremo abbastanza presto verso La Silla, dove plausibilmente arriveremo intorno alle due del pomeriggio. Non è un viaggetto da poco, in aereo verso la gradevole cittadina turistica di La Serena, e quindi in macchina o bus verso l'osservatorio per due-tre ore lungo la, per certi versi mitica, Caretera Panamericana.

Tornando alla guesthouse, vale senz'altro la pena di accennare ad un rituale ormai d'abitudine per gli astronomi che pernottano o sono di passaggio. Si tratta dell'aperitivo serale detto "pisco sour". Il pisco è un liquore tipico del Perù e del Cile, anzi c'è, tanto per cambiare in sud America, una forte disputa su cui possa fregiarsi il titolo di averlo "inventato". Ed il cocktail è appunto a base di pisco con aggiunta di  limone e zucchero. Alla fine non risulta fortissimo, ma comunque, a stomaco vuoto è sensibile...

Il pisco alla guesthouse

Dopodiché, come si diceva, cena, chiacchere, dopo cena nel salotto della guesthouse e poi via per la salita verso i deserti del nord l'indomani.

domenica 12 agosto 2012

Milano - Santiago

E ritorno. Ma non veloce.

Purtroppo da quando Malpensa è stata degradato a scalo regionale muoversi da Milano è diventato un po' più complicato. Meno voli diretti, meno destinazioni. 

Per il Cile però non è cambiato molto. A suo tempo c'era un diretto Alitalia su Buonos Aires, e si arrivava almeno nell'inverno australe in aeroporto proprio all'alba argentina. Spettacolo magnifico ma poi c'era ancora le Ande da scavalcare per arrivare a Santiago. Per cui, in buona sostanza, uno scalo c'è sempre ed arrivare da quelle parti richiede sempre molto tempo. Stavolta partenza poco prima delle 17 da Linate. Sosta lunga al Charles de Gaulle a Parigi, e poco prima di mezzanotte partenza per il Cile. Arrivo previsto nella prima mattinata cilena dove saremo presi in carico da ESO.

Stavo riflettendo che la prima volta che sono "sceso" in Cile per osservare è stato proprio nell'agosto del 1992, ed ancora a La Silla dove stavo per sostenere il mio primo "run" osservativo da imberbe dottorando alle primissime armi. Sono quindi giusto vent'anni. Il numero fa paura. Implica che sto (anagraficamente...) diventando vecchio!

Comunque questo mi ha dato l'opportunità di seguire in presa diretta l'impressionante crescita economica di quel paese. La prima volta, nel 1992 appunto, sono stato accolto appena sceso dall'aereo da una pioggia scrosciante e ricordo con curiosità e pena la periferia povera della città. Pochi anni dopo arrivò il magnifico aeroporto internazionale e la periferia cominciò a lasciare il posto ad un fiorire di aziende grandi e piccoli che hanno sempre più costellato la strada dall'aeroporto alla città. Segno di un ben noto ed evidente, da molti punti di vista, boom economico. Ma avremo altre occasioni di parlare del Cile.

Prossimo messaggio da Santiago. Altro continente, altra stagione.

venerdì 10 agosto 2012

Cosa fanno gli astronomi?

Di solito questa domanda, fatidica, arriva durante le serate divulgative quando l'ambiente si è rilassato a sufficienza e si è creata, per così dire, una certa familiarità.

In realtà, come per tutte le attività di ricerca di base, è oggettivamente non semplice da comprendere come possa svolgersi la giornata "tipo" di un astrofisico. Di sicuro la quotidianità non assomiglia affatto a quella suggerita da alcuni stereotipi letterari o cinematografi. Non passiamo le giornate alle prese con i più grandi dilemmi dell'umanità, non abbiamo comunicazioni segrete con alieni, non siamo circondati da macchinari segreti di cui solo pochi eletti sono a conoscenza... e, comunque, se così fosse, non posso dirlo!

Ma, in realtà, quello che veramente colpisce il grande pubblico è scoprire che anche la più solida delle aspettative viene delusa. Gli astronomi, normalmente, non lavorano la notte... 

Il punto, ovviamente, è che le attività osservative sono certamente parte della vita di un astronomo, così come le attività di laboratorio lo sono di un fisico di altri settori. Solo che l'immagine ideale e anche un po' romantica dell'astronomo che ogni notte prende il suo telescopio e scruta il cielo alla ricerca dell'inaspettato ha senza  dubbio il suo fascino, ma è sbagliata... E per molti appassionati il comprendere come un astronomo professionista non sia una specie di astrofilo evoluto, che abbia cioè la fortuna ed il privilegio di poter fare per lavoro quello che molti fanno strappando con fatica tempo alla professione e alla famiglia, è  un po' sconcertante.

E quindi, la domanda, ma se non osservate, cosa fate?

E quindi da capo. A parlare di progetti di ricerca, di lento, quasi noioso a volte, accumulare di dati. Ma anche di lavoro di gruppo stimolante, di internazionalità. Ed anche, quasi a sorpresa, di osservazioni!

Sebbene lontana dalle aspettative dell'immaginario del grande pubblico le attività osservative, specialmente per chi lavora con strumentazioni ottiche, presentano ancora aspetti di grande fascino. Oggi come in passato, per esempio, i migliori osservatori sono posti in luoghi magnifici, ed oggi anche remoti e spesso esotici. Inoltre il concentrato di tecnologia e di competenze di una moderna struttura osservativa non è poi una realtà lontanissima dalla visione cinematografica che a volte colpisce il grande pubblico.

Alcuni dei telescopi di La Silla con la grande struttura del 3.6m al centro
Per cui, per venire incontro alle continue domande che gli appassionati rivolgono, ho deciso che proverò a descrivere come avviene una "missione osservativa" tipo, e questo sfruttando l'occasione di un viaggio in Cile che sto per cominciare domenica verso l'osservatorio dell'ESO di La Silla
Non è una pura missione osservativa, in realtà io e diversi colleghi degli osservatori di Milano, Roma e TNG saremo impegnati in un aggiornamento importante di un piccolo ma avanzato telescopio robotico di cui abbiamo già parlato in altre occasioni

Si tratta di REM, riportato anche nell'immagine qui sotto. Nel corso della missione, quindi, vedremo in diretta "dove vanno gli astronomi", come organizzano le osservazioni e le attività correlate, e già che ci siamo vedremo anche un po' di "vita di osservatorio". 

Il telescopio robotico REM

Ma non voglio anticipare troppo. Vedremo passo per passo cosa accade...

A domenica!


giovedì 9 agosto 2012

Competitività della ricerca e finanziamenti europei

Alcuni mesi fa ho assistito a Lecco, organizzato dalla locale Camera di Commercio, ad un incontro sul tema della relazione fra formazione ed innovazione. L'area lecchese, ho scoperto, ha il privilegio di essere uno dei migliori esempi italiani di sinergia fra università ed aziende. 

All'incontro ha partecipato anche il min. Profumo, ed in particolare ricordo un passo del suo discorso in cui, senza mezzi termini, diceva che il livello del finanziamento pubblico alla ricerca nei prossimi anni sarà, nella migliore delle ipotesi, costante e che, in ogni caso, era da considerare solamente come un aiuto per piccoli progetti mentre il grosso dei finanziamenti dovrà arrivare da bandi europei. Quello che accade, infatti, è che l'Unione Europea ha attivi dei programmi per il finanziamento della ricerca di base ed applicata ai quali possono partecipare ricercatori, sia di enti pubblici che privati, da tutta Europa ed anche spesso da alcuni stati coi quali ci siano accordi specifici.

Come alcuni ricorderanno abbiamo tempo fa parlato di un collega di Brera, Luigi Guzzo, che è stato appunto premiato con un cospicuo finanziamento per condurre ricerche su temi legati alla cosmologia.

Non desidero ora entrare nel merito della discussione, complessa, su quale debba essere la fonte migliore di finanziamento per ricerca di base, anche di questo ne abbiamo già parlato per altro. Tuttavia sia dall'intervento del Ministro che in generale tramite notizie a mezzo stampa e TV sappiamo che l'Italia, a margine di una competitività eccellente dei propri organismi di ricerca parrebbe essere invece uno dei paesi agli ultimi posti in Europa per le capacità di attrarre finanziamenti premiali. Un tema ricorrente, anch'esso ben noto, è che noi in Europa spendiamo più di quanto siamo capaci di ricevere. 

Si badi che qui si parla specificatamente di fondi premiali per ricerca e sviluppo, non entro nel merito di altre voci di finanziamento europeo che coinvolgono altri settori come la Pubblica Amministrazione in generale. Fondi premiali significa, essenzialmente, che per avere accesso a questi fondi è necessario preparare un dettagliato programma di ricerca, un piano di spesa, ecc. e che lo stesso viene valutato da apposite commissioni in una o più fasi successive.

Ebbene, come stanno le cose?

Diamo un'occhiata al grafico che presento qui di seguito: 

E' ricavato dalla pubblicazione "Strategic Plan for Astronomy in the Netherlands 2011-2020 (http://xxx.lanl.gov/abs/1206.5497). L'istogramma mostra, limitatamente all'astronomia, il numero di finanziamenti fra il 2008-2011 ottenuti da vari paesi europei, in assoluto e normalizzati alla popolazione degli stati.
Come possiamo vedere il numero assoluto di finanziamenti ottenuti dall'Italia è abbastanza lusinghiero, ma una volta che normalizziamo il tutto alla popolazione del paese ecco che in questa classifica siamo al penultimo posto. Dopo la Germania, anch'essa non molto ben piazzata, e prima della Polonia. A margine segnaliamo come l'Olanda in questa classifica eccella ed in effetti l'organizzazione della ricerca scientifica e formazione olandesi sono realmente uno dei punti di eccellenza di quel paese.

Tuttavia prendere questi risultati senza discussione rischia di portare a risultati a dir poco fuorvianti. Con un collega di Brera, Giacomo Bonnoli, abbiamo infatti cercato di capire meglio quale sia il livello di competitività italiana in questo settore. Se non altro per risolvere l'evidente contraddizione fra un settore, quello della ricerca, che si dice, ed i numeri lo confermano, essere una delle punte di diamante del sistema Italia e che invece non appare essere molto ben valutato a livello europeo.

Come sempre il problema è che le statistiche sono uno strumento prezioso, insostituibile, di analisi socio-economica a patto di sapere cosa si fa, e di farlo bene. C'è sempre spazio per miglioramenti ed affinamenti, ma non c'è spazio di superficialità ed approssimazioni. 

L'idea fondante della nostra analisi è che appare senz'altro vero che diamo all'Europa più di quanto siamo in grado di recuperare. Tuttavia, i contributi versati da ogni paese sono naturalmente proporzionali al PIL dello stesso, che nel caso dell'Italia è comunque di tutto rispetto. La "popolazione" che è in grado di competere per ottenere i finanziamenti, ovvero i ricercatori, nell'accezione più ampia del termine, è invece, e non è un segreto, molto ridotta per un paese ad economia evoluta come il nostro. Questo sia in rapporto alla popolazione generale, quella utilizzata nel grafico precedente, sia in rapporto al PIL stesso. 

Innanzitutto abbiamo cercato di ottenere dei dati sufficientemente aggiornati sui finanziamenti europei per la ricerca. Le fonti possono essere le più disparate, ma noi abbiamo utilizzato questa basata sul magazine online della Società Italiana di Statistica. 
Dall'articolo segnalato riportiamo una tabella relativa al programma quadro FP7, ovvero il più recente fra i programmi di finanziamento europei. La tabella che ci interessa è mostrata di seguito:


Come vediamo, a confronto con altri 5 grandi stati europei, Germania, Francia, Regno Unito, Olanda e Spagna, il nostro Paese ha una percentuale di successo nell'ottenimento dei finanziamenti di poco più del 18%, minore di quello di tutti gli altri paesi considerati, anche se non dissimile a quello della Spagna. Di seguito in forma grafica:


Ora, a dire il vero, una percentuale del 18% non è affatto disprezzabile, rimane però vero che gli amici olandesi arrivano al 26.1%, come dire che per noi meno di una domanda su 5 è finanziata, mentre per loro più di una su 4. E' un segno, quindi, che effettivamente un "gap" di competitività con i (migliori) paesi europei esiste. Non mi dilungo in questa sede a cercare di identificarne le cause, ma sarebbe anche questo un interessante ed importante argomento di discussione.

In questo sito, invece, abbiamo recuperato dei dati ragionevolmente aggiornati sul prodotto interno lordo (PIL) di vari paesi europei (al 2010) sia totale che pro-capite. Riporto di seguito la tabella principale:


Come si vede, ed è ben noto, Italia e Spagna sono fra i 6 paesi considerati quelli con PIL pro-capite più ridotto, sebbene naturalmente non disprezzabile in assoluto. Rispetto all'Olanda ogni cittadino italiano, per semplificare, risulta avere a disposizione il 30% in meno di reddito. Un valore, si badi, enorme se pensato in una prospettiva di popolazione.

Infine presso l'Ufficio Europeo di Statistica, l'Eurostat, abbiamo recuperato informazioni sul numero di ricercatori (al 2010) impegnati nei vari settori nei vari stati europei e, come riferimento, Giappone e Stati Uniti. Per i "non addetti ai lavori" il numero di ricercatori è espresso in unità di FTE, o "Full Time Equivalent". Si tratta di una maniera che permette di confrontare la forza lavoro a disposizione superando in parte le differenze legislative, organizzative, ecc., esistenti fra paesi differenti. Anche qui riporto la tabella principale per i nostri scopi:


E si vede che anche in questa classifica l'Italia è lontana, anzi, lontanissima, dalle posizione di vetta. Vediamo meglio in forma grafica per i 6 paesi che abbiamo scelto per la nostra analisi:



E qui uno dei problemi del nostro Paese emerge con chiarezza. L'Italia investe in innovazione veramente molto poco, anche normalizzando i dati alla ricchezza del Paese, ovvero al PIL. I ricercatori, nel nostro Paese, sono merce rara.

A questo punto, mettendo insieme tutti questi dati, si ottengono risultati notevolmente interessanti e, direi, chiarificatori.

Come possiamo immaginare, la capacità di chiedere finanziamenti in regime premiale, e di ottenere risultati lusinghieri, dipende essenzialmente dalla capacità del "sistema ricerca" di produrre domande ben preparate e competitive, ed ovviamente dal numero di ricercatori che possono competere. Se proviamo a normalizzare le domande preparate dal nostro Paese alla forza lavoro per la ricerca, ovvero in sostanza al numero di ricercatori, pubblici e privati, che queste domande le possono preparare abbiamo che questi grafici ci comunicano una visione molto diversa della competitività italiana:



Come vediamo, prima di tutto il numero di richieste provenienti da ricercatori del nostro Paese è elevato, paragonabile a quello dell'Olanda se normalizziamo alla forza lavoro disponibile per la ricerca. Contrariamente alla percezione comune, i ricercatori italiani competono frequentemente a livello europeo, probabilmente anche spinti da una mancanza di finanziamenti "interni" che diventa sempre più severa anno per anno. Ed inoltre il tasso di successo in proporzione al numero di ricercatori è assolutamente prestigioso. Meglio di buona parte dei partner europei, e secondo solamente a quello dell'Olanda che, come abbiamo visto, è oggettivamente un paese all'avanguardia in questo contesto.

Per cui, in buona sostanza, non solo la ricerca italiana, pubblica e privata, si mostra estremamente competitiva, anche se ci sono chiari margini di miglioramento. Ma la mancanza di efficacia nel riportare "in casa" i finanziamenti a disposizione appare essere ampiamente attribuibile alla ridotta forza lavoro a disposizione. A tutti gli effetti l'Italia, non mettendo in campo una politica ambiziosa (o anche solamente sensata), a sostegno della ricerca ed innovazione, si trova paradossalmente a finanziare ricercatori di altri paesi per il semplice motivo di non averne a sufficienza nel proprio Paese. 
Addirittura quello che emerge è che, a fronte di risorse assolutamente non paragonabili a quelle a disposizione dei diretti concorrenti, buona parte del distacco in termini assoluti nella capacità di attrarre finanziamenti è recuperato proprio grazie alla vitalità (ed efficienza) della relativamente esigua coorte di ricercatori a disposizione.  

In un recente passaggio del Ministro, da un articolo comparso su Repubblica, si parla di 500 milioni "mancanti" proprio nel settore ricerca e innovazione. Per ottenere questi soldi bisognerebbe sostanzialmente raddoppiare la nostra capacità di attrarre finanziamenti. Verrebbe da dire che basterebbe avere un numero di "operatori" almeno in linea con quello dei paesi con i quali dovremmo confrontarci per ottenere il risultato desiderato. E tutto questo senza necessità di alcuna rivoluzione nella struttura degli enti di ricerca, università, ecc. 

Al lato pratico tuttavia nei prossimi anni invece l'Italia ha intrapreso con decisione la politica di ridurre, non aumentare, il numero di professionisti della ricerca, per lo meno, quelli su fondi pubblici. Questo non è il risultato di una specifica scelta politica, ma la conseguenza della mancata identificazione del settore ricerca (e formazione) come strategico, e quindi l'applicazione al settore dei vari provvedimenti volti al contenimento della spesa pubblica (blocco delle assunzioni, limitazione del turn-over, ecc.). Non appare, probabilmente è pleonastico dirlo, una politica molto saggia e lungimirante. 

Passatemi un paragone calcistico. Sarebbe folle un paese che decidesse di finanziare un campionato europeo alla pari di altri paesi europei, per poi scoprire però che non si hanno squadre sufficienti per partecipare e che quindi quei soldi, pagati dai contribuenti, verranno utilizzati da giocatori di altri paesi. E che, pur coscienti del problema, si è in aggiunta anche deciso di ridurre il numero di quelle esistenti. 
Del calcio, magari, si può anche fare a meno. Di ricerca ed innovazione in un paese come il nostro temo proprio di no.