venerdì 17 maggio 2013

Scienza e pubblicità

Ovvero i complessi rapporti che intercorrono fra la pubblicizzazione dei propri risultati, il legittimo desiderio che questi siano noti magari anche al grande pubblico, e l'esigenza di accuratezza e rigore che è tipico dell'attività scientifica.

Non è un mistero che questi rapporti siano complessi e spesso burrascosi. Nella realtà lo sono spesso da diversi punti di vista, quelli dei vari attori di questa vicenda. Per gli scienziati è difficile comunicare ed essere compresi, spesso con la precisa sensazione che la controparte dei media punti solo alla frase ad effetto con tanti saluti per l'accuratezza. E con, anche abbastanza spesso, anche il risultato di diventare oggetto di ironia dei colleghi. 
Ma anche da parte dei media la relazione con gli scienziati è spesso difficile. Si ha un po' la sensazione di avere a che fare con dei bambini viziati ed egocentrici che pensano che i tempi stretti della comunicazione mediatica così come l'esigenza di raggiungere un pubblico più ampio possibile valgano per tutti tranne che per loro.

E' in effetti anche per queste ragioni che praticamente tutti gli enti di ricerca si sono dotati di personale con competenze di tipo giornalistico e solida preparazione scientifica, sull'esempio, manco a dirlo, delle principali istituzioni scientifiche americane dove la pratica della comunicazione scientifica è una disciplina di rango universitario praticamente da sempre.

I risultati di questi cambio di attitudine sono in effetti spesso buoni. L'Istituto Nazionale di Astrofisica, per esempio pubblica periodicamente dei notiziari che contengono notizie, interviste, materiale audiovisivo, ecc. che sembrano godere dell'apprezzamento del pubblico. Ed in generale lo stesso vale anche per gli altri enti di ricerca italiani e stranieri. Sicuramente fra gli appassionati molto note sono le pagine dell'Osservatorio Europeo dell'Emisfero Sud e delle Agenzie Spaziali Italiana ed Europea.

Tuttavia non sempre, è bene dirlo, la comunicazione scientifica verso il grande pubblico rispetta quei criteri che l'attività scientifica, in quanto tale, dovrebbe implicare. Senza dubbio, per lo meno su tempi abbastanza lunghi, è difficile millantare risultati e scoperte in ambito scientifico, almeno per le scienze di base. La stessa metodologia scientifica, indipendentemente dalla qualità delle persone coinvolte, fornisce gli anticorpi con i quali la truffa o almeno il millantato credito possono essere combattuti e per lo più anticipati. Quando però si parla con il pubblico il dialogo diventa a senso unico, e per natura stessa della comunicazione specialistica chi riceve il messaggio non ha strumenti per valutarne se non la veridicità almeno magari la portata. 

Ed è così che sulla stampa generalista appaiono mirabolanti scoperte a giorni alterni. Cure per ogni genere di malattia a portata di mano, tecnologie futuristiche già in corso di sperimentazione, soluzioni a quasi ogni problema che attanaglia il nostro pianeta. Dal riscaldamento globale all'inquinamento, la fame di energia, ecc. E, ovviamente, il vero dramma di tutto questo non sta nella voglia di protagonismo di qualche scienziato o magari nella superficialità di qualche giornalista, ma nel fatto che una comunicazione scientifica non curata a dovere in determinati settori può ingenerare aspettative nel grande pubblico talvolta molto pericolose. Il dibattito sulle cure a base di cellule staminali in corso nel nostro paese, e per la verità in tutto il mondo, ne è un esempio lampante.

Ma anche lo scenario senza dubbio meno critico delle scienze di base non è esente da questo fenomeno.  Dico meno critico perché se spaccio oggi l'ennesima scoperta di un pianeta extrasolare, siamo ormai andando veloci verso il migliaio, come una rivoluzione dell'astrofisica non succede poi nulla di veramente grave per chi riceve questa notizia senza filtro. Tuttavia il fenomeno esiste. Nell'opinione pubblica rimane forte l'idea che chi si occupa di scienza sia in qualche modo abbastanza speciale, magari anche dal punto di vista etico. Piace l'immagine dello scienziato al di fuori degli interessi di bottega e dedito solo alla conoscenza. E, sebbene alcuni di questi aspetti non siano indegni di considerazione, va detto che nella realtà nessuna delle meschinità umane è sconosciuta alla comunità degli scienziati. Di ogni parte del mondo. Gelosie, carrierismi, prevaricazioni, disonestà di vario livello, ecc. Abbiamo ampia familiarità con tutto quanto anche se, anche questo è vero, come si accennava all'inizio, la metodologia scientifica in quanto tale offre in ogni settore strumenti e protocolli per tenere sotto controllo questi fenomeni.

E' insomma difficile ingannare colleghi scienziati a lungo. Ma quando si presentano risultati al grande pubblico, e magari anche a politici ed imprenditori, ovvero un pubblico non generalista ma comunque senza competenze specifiche, il rischio del vendere fumo senza arrosto esiste. Ed è forte. Se poi lo scopo della comunicazione è magari quello di impressionare gruppi di possibili finanziatori entriamo in un regime estremamente sdrucciolevole.
Il caso, di questi giorni, in cui in un comunicato stampa un gruppo di ricerca si attribuisce la paternità di una scoperta mai avvenuta prima in astrofisica, con tanto di plauso pubblico del ministro competente, richiede una profonda riflessione a tutta la comunità scientifica. Si tratta, purtroppo, diciamolo chiaramente,  di millantato credito. Non tanto per l'argomento in se, più che degno di discussione e di coinvolgere visioni non canoniche, ma per le modalità che più che ad informare sembrano indirizzate a convincere. Quando la comunicazione scientifica prende a prestito la parte più deteriore della comunicazione commerciale è un chiaro segno di degenerazione del sistema. Ed al ministro Carrozza auguriamo di scegliere i suoi consiglieri con maggiore saggezza.