giovedì 12 gennaio 2012

Il premio "Bruno Rossi"

Nel 1927 un giovane e brillante fisico si laurea all'università di Bologna. Si tratta di Bruno Rossi, veneziano d'origine, e degno esponente della scuola italiana di fisica che in quegli anni sembrava essere in grado di sfornare talenti a ripetizione. Già al suo primo incarico, infatti, all'osservatorio di Arcetri, a Firenze,  si interessa da pioniere dello studio dei raggi cosmici, contribuendo così alla costruzione di quel grande settore di ricerca che vede lavorare insieme astrofisici e fisici delle particelle.
Si tratta di una storia non priva di fascino e non escludo che ci si possa tornare sopra in futuro.

Rossi, comunque, è costretto a lasciare l'Italia nel 1938 a causa delle famigerate, mai abbastanza mi verrebbe da aggiungere, leggi razziali in quanto di famiglia di origini ebraiche. E fu così che un grande talento ebbe ad incontrare un ambiente professionale adatto alle sue capacità e dopo qualche spostamento giunge, come molti altri, negli Stati Uniti dove comincia una carriera luminosissima diventando uno dei fondatori dell'astronomia ai raggi X. Uno dei settori più vivaci e attivi della moderna astrofisica.  

Tanto è vero che l'American Astronomical Association (Associazione Americana di Astronomia) assegna ogni anno un premio in onore di Rossi stesso, il "Bruno Rossi prize", per segnalare contributi particolarmente significativi all'astrofisica delle alte energie. Si tratta di un premio di grande prestigio che quest'anno, ed ecco il motivo di questa introduzione, è stato assegnato alla missione interamente italiana AGILE.

AGILE è un satellite per le alte energie facente parte delle missioni cosiddette compatte ed a basso costo. E' stato costruito e lanciato con un budget di circa 100 milioni di € ed il satellite pesa circa 350 kg. Chiaramente per molti di noi questi numeri non diranno poi molto, ma si tratta di cifre e masse decisamente modeste. Il contenuto tecnologico del satellite però è rilevante avendo anche servito allo scopo di dimostratore di determinate tecnologie di rivelazione della radiazione ad alte energie dallo spazio.

Nello specifico il premio, assegnato al PI della missione Marco Tavani, dell'INAF-IASF di Roma e dell'Università Tor Vergata, ed a tutto il team scientifico di gestione e supporto, è stato deciso per la scoperta tanto inaspettata quanto rilevante che l'emissione di una delle sorgenti più note e studiate del cielo ad alte energie, la Nebulosa del Granchio, appare essere molto diversa per varie proprietà da quanto assunto per decenni. 

Si tratta certamente di un risultato eclatante che però si associa ad una continua attività scientifica di alto livello condotta tramite questo gioiello della scienza e tecnologia italiana.

Il premio Rossi è quindi un grande riconoscimento certamente ben meritato. E' anche interessante, per altro, andare a vedere la storia di questa onorificenza assegnata a partire dal 1985. Abbiamo, per esempio, nel 1993 il premio assegnato a Giovanni Bignami, attuale presidente dell'INAF,  per lo studio di una enigmatica sorgente ad alte energia, la ben nota "Geminga". Nel 1998, invece, è la missione italo-olandese BeppoSAX ad essere premiata, per le fondamentali scoperte nel campo dei lampi di luce gamma. Settore evidentemente molto proficuo visto che nel 2007 il premio è toccato alla missione trinazionale (USA, UK ed Italia) Swift!

Le più vive congratulazioni, quindi, al team di AGILE!




venerdì 23 dicembre 2011

Buchi neri auscultati

Le analogie nelle attività di divulgazione scientifica sono il pane quotidiano, e sono per altro pronto ad ammettere che spesso se ne abusa magari cercando più l'immagine ad effetto che la corretta comunicazione.

Rimane però anche vero che, certamente con un po' di fantasia, tutto questo possa essere un potente mezzo per divulgare il fascino di risultati scientifici che altrimenti potrebbero apparire relativamente aridi agli occhi di un pubblico non specialista.

Di recente infatti, un gruppo di scienziati internazionali, fra i quali i nostri, nel senso di INAF/Brera. mi si perdoni il brera-centrismo, Tomaso Belloni, Holger Stiele, Sara Motta e Teo Muñoz-Darias, hanno studiato le emissioni da parte di una sorgente denominata IGR J17091-3624. 


Il nome, riconosciamolo, non è certamente di quelli che attirano flotte di appassionati, migliore effetto farà sicuramente sapere che si tratta di uno di quei sistemi in cui una stella cede massa ad un oggetto compagno che gli orbita vicino, nel nostro caso un buco nero. Questo tipo di configurazione è abbastanza comune nelle sorgenti di alta energia, e questi sistemi possono essere notevolmente brillanti come anche dare luogo a variazioni di intensità su molte scale temporali.


Ed è proprio studiando queste variazioni che è possibile ottenere una grande quantità di informazioni fisiche sul sistema. In un certo senso, è qui è l'analogia un po' suggestiva, ascoltando "il battito del buco nero"!

Infatti studiando la ritmicità con cui il flusso di materia dalla stella compagna cade sul buco nero è anche possibile ottenere una stima della massa dello stesso, una misura sempre fondamentale e mai semplice. Nel caso specifico, con un certo grado di sorpresa da parte degli scienziati coinvolti, si è trovata una massa relativamente piccola: circa 3 volte quella del nostro Sole. Si pensi che la sola altra sorgente nota di questa categoria che mostra un comportamento simile, GRS 1915+105, altro bel nome, si calcola alberghi un buco nero di una quindicina di masse solari.

Se volete saperne di più abbiamo una press-release dell'INAF e ai siti delle press-release della NASA e del Goddard Space Flight Center trovate anche dell'interessante materiale multi-mediale fra cui, appunto, una registrazione del "battito" del buco nero!


In ultimo, naturalmente, un augurio di Buon Natale a tutti quanti!

venerdì 16 dicembre 2011

Questione di punti di vista

Anche in astrofisica.

E l'argomento, tanto per cambiare, è quello dei "lampi di luce gamma", alias gamma-ray bursts.

Quando sentite parlare di questi fenomeni, sia a livello divulgativo che più specialistico, è facile sentirsi ripetere che i GRB sono il fenomeno più energetico noto nell'universo, e qualcuno aggiunge anche, con ovvia enfasi, "dopo il big-bang". 

A parte l'assonanza con una recente canzone di una nota pop-star... effettivamente i GRB sono fenomeni impressionanti. Imprevedibili per direzione di provenienza, luminosità, durata, ecc. possono per brevi istanti dominare l'intero cielo ad alte energie.

Tuttavia, sebbene certamente si tratta di fenomeni di grande rilevanza energetica, non è detto che le cose siano veramente come di appaiono. Questo vale sempre, in generale, ma vale con particolare rilevanza quando la relatività gioca un ruolo importante. E per i GRB questo è decisamente il caso.

Il punto è che qualunque sia la luminosità intrinseca di una sorgente, se questa è in moto relativistico, ovvero a velocità vicine a quella della luce, verso  di noi, l'osservatore la vedrà molto più luminosa del reale perché, semplificando un po' la questione, è come se gran parte della luce emessa dal nostro oggetto fosse incanalata in uno stretto cono nella direzione del suo moto.
E' un po' come se una lampadina invece di emettere luce in tutte le direzioni potesse in qualche modo incanalarne la gran parte in un piccolo angolo e, quindi, giudicato da un'osservatore lontano, molto più brillante del reale. 

Ciò detto questo è certamente ciò che accade ai GRB, caratterizzati come sono da moti ultra-relativistici. Un gruppo di ricercatori guidati da Giancarlo Ghirlanda, dell'INAF/Brera, ha provato a seguire questa idea in maggiore dettaglio arrivando a risultati effettivamente sorprendenti. Non solo i GRB, se fossero osservati "a cavalcioni" del fenomeno, sono molto meno luminosi di quanto si potrebbe immaginare. In realtà sembrerebbero anche essere intrinsecamente molto omogenei, con pressoché la stessa luminosità e caratteristiche spettrali. Qui potete trovare la press-realease dell'INAF con maggiori dettagli.

Il risultato è senz'altro da verificare con studi più ampi coinvolgenti, per esempio un maggior numero di eventi. Se confermato però, questo lavoro avrebbe tutte le caratteristiche per chiarire molti dei punti ancora oscuri della fisica dei GRB e potenzialmente rafforzare l'ipotesi del loro possibile utilizzo come indicatori di distanza per l'universo lontano con ricadute di enorme importanza.


giovedì 8 dicembre 2011

Un osservatorio benemerito

Effettivamente c'è poco di più internazionale e "globale" della ricerca scientifica di base. Confini e nazionalità sono abbastanza irrilevanti, e non è solo un modo di dire più o meno scenografico.

Rimane comunque vero che un istituto scientifico debba il più possibile curare anche il contesto sociale in cui sorge. E' un argomento non banale, e complesso. Sebbene non ci siano dubbi che il tempo speso in attività di tipo divulgativo o culturale in genere sia sempre tempo speso bene.

Inoltre, nel caso dell'Osservatorio Astromico di Brera, c'è anche il fatto di vedere le proprie attività distribuite su due sedi geograficamente abbastanza distanti: Milano e Merate. Una grande città industriale, ed un operoso centro brianzolo ancora immerso nel verde. C'è quindi da sperare che l'osservatorio, oltre che condurre ricerca scientifica della qualità necessaria, sappia anche essere una presenza reale nelle comunità in cui sorge.

La decisione del Comune di Merate di attribuire all'Osservatorio una delle benemerenze civiche attribuite annualmente è probabilmente un segnale positivo in questo senso, così come la motivazione assolutamente lusinghiera: "Per l'attività di alto valore scientifico quotidianamente svolto, per l'impegno profuso e gli eccellenti e straordinari vertici della ricerca raggiunti e da raggiungere da ognuno dei ricercatori di ieri e di oggi. Baluardo della Scienza che irradia sapere al mondo ed ai meratesi, sempre più protagonista della vita culturale della Città"

Certo... innegabilmente il testo trasuda un po' di retorica, ma mi piace pensare che l'apprezzamento per il proprio lavoro da parte di un'amministrazione comunale possa essere un segnale positivo in questa nostro Paese così talvolta segnato da una volgarità dozzinale ben oltre i limiti dell'accettabile.

Un resoconto della cerimonia è disponibile al ben fatto sito di "Merate Online".

giovedì 1 dicembre 2011

Lampi di Natale

Cosa accade se un piccolo corpo, una cometa o un asteroide, cade su un oggetto compatto come una stella di neutroni?

il 25 dicembre 2010, Natale di un anno fa, il satellite Swift rivelò infatti quello che a prima vista sembrava uno dei tanti lampi di luce gamma, o gamma-ray burst (GRB) a cui la missione è dedicata.
Tuttavia fin da subito si intuì che c'erano diversi aspetti inusuali in quel burst, e nonostante la giornata natalizia si cominciò subito tutta la serie di operazioni che normalmente accompagnano questi eventi e che rappresentano uno degli aspetti più interessanti della storia di questa autentica avventura intellettuale che è la missione Swift per gli scienziati coinvolti.

Fra queste, naturalmente, l'organizzarono delle successive osservazioni con Swift ma anche da strumenti da terra, come per esempio il Telescopio Nazionale Galileo, situato sull'isola di La Palma nell'arcipelago delle Canarie. In questa attività un ruolo centrale fu giocato fin da subito da Sergio Campana, brillante collega dell'INAF / Osservatorio Astronomico di Brera, che insieme ad un team di scienziati italiani e stranieri ha proposto un'affascinante spiegazione per questo "strano" lampo di radiazione di alta energia.

C'erano infatti molti aspetti di non facile interpretazione nei dati che mano a mano venivano raccolti. Per esempio delle ripetute variazioni di flusso mai osservate prima sembravano suggerire una certa periodicità nell'evento, con però una progressiva diminuzione in intensità. L'idea che lentamente cominciò ad emergere è che in questo caso Swift non avesse osservato un GRB a distanze cosmologiche, ma al contrario stavamo assistendo al risultato, per certi versi drammatico, della caduta di un piccolo asteroide o un oggetto simile, su una stella di neutroni nella nostra Galassia. Il residuo estremamente compatto, una decina di km di diametro con massa comparabile a quella del nostro Sole, dell'esplosione di una supernova

Esce oggi, primo dicembre, pubblicato sulla rivista Nature, il resoconto completo di questa eccitante scoperta e qui possiamo trovare il comunicato stampa dell'INAF con i commenti direttamente da Sergio Campana. Un risultato di primissimo valore a suggello dei 7 anni di attività della straordinaria missione Swift!




giovedì 24 novembre 2011

Il rondone vola

Più correttamente rimane in orbita. E perfettamente operativo. 

Il rondone, ne abbiamo già parlato, è il satellite Swift, ovvero, in inglese, rapido, veloce o, appunto, rondone. E' una missione scientifica con lo scopo primario di studiare i lampi di luce gamma, o gamma-ray bursts, ma non solo. 

Oggi e domani, a Milano presso l'INAF-IASF in via Bassini, la comunità italiana si riunisce e fa il punto dei 7 eccezionali anni della missione dal lancio il 24 novembre 2004. E, incrociando le dita, pianifica i successivi!


sabato 19 novembre 2011

ESO - ELT e crisi economica

Abbasso le sigle dirà qualcuno, e non certo con tutti i torti.

ESO infatti sta per "European Southern Observatory", Osservatorio Europeo dell'Emisfero Sud. Si tratta di una grande organizzazione multi-nazionale, principalmente europea, ma non solo, alla quale l'Italia aderisce dai primi anni '80 e che si propone di permettere agli scienziati del consorzio di poter accedere a strumenti all'avanguardia della tecnica per compiere ricerche astronomiche. L'ESO, come il forse più noto CERN, che si occupa di fisica delle particelle, è parte di quelle iniziative scaturite in seguito al sogno europeista degli statisti degli anni '50 e '60.
Ed in un certo senso è un sogno diventato realtà, con la scienza europea opportunamente organizzatasi in maniera da condividere gli sforzi capace di raggiungere vette assolute di eccellenza. Tornando allo scenario astronomico, a noi più congeniale, la straordinaria avventura umana e tecnologica che ha portato alla progettazione, costruzione, e operatività del VLT, il famoso complesso di 4 telescopi da 8 metri circa di specchio ciascuno, tuttora il più avanzato e potente osservatorio astronomico del pianeta, è un esempio dei risultati eccellenti di questa collaborazione.
Un altro esempio, probabilmente non ancora molto noto al grande pubblico in quanto proprio agli inizi della sua fase di operatività, è costituito dalla rete di telescopi per osservare alle lunghezze d'onda del millimetrico ALMA

Naturalmente però un'organizzazione di questo genere è pensata e strutturata per perseguire sempre ideali di innovazione, e mentre il VLT entra nella sua fase di maturità ed ALMA comincia a funzionare, è il momento di porre le basi per lo sviluppo futuro. Un ambizioso progetto dell'ESO è infatti già in fase molto avanzata di studio ed è all'inizio della fase costruttiva vera e propria, per arrivare all'operatività, diciamo, nel decennio che parte con il 2020. Si tratta dell'ELT, acronimo effettivamente un po' banale che significa niente di meno che "Extremely Large Telescope", Telescopio Estremamente Grande... il nome non è certo però malpensato: sarà un telescopio con uno specchio primario di dimensione effettiva dell'ordine di 40m!
Non ci si faccia comunque spaventare dall'orizzonte temporale, il lancio di un satellite o ogni altra avventura tecnologica su grande scala richiede anni di lavoro e preparazione, e potete immaginare quanto la scienza europea potrà crescere quando avrà a disposizione uno strumento del genere, e in tempi molto più brevi quando l'industria europea ne godrà dovendo partecipare alla costruzione di questa meraviglia tecnologica.

In realtà l'aspetto finanziario dell'impresa non è affatto secondario, al contrario le competenze che l'industria europea potrà e dovrà sviluppare in campi come la meccanica di precisione, l'elettronica, l'informatica, l'ottica, ecc. sono impressionanti e tali da permettere alle aziende coinvolte di competere nel mercato globale partendo da una posizione di grande vantaggio. Si pensi, i temi economici nostro malgrado sono diventati pane quotidiano, che si tratta di un'attività industriale ad alta tecnologia e quindi meno soggetta alla competizione di paesi con bassi costi di produzione e di conseguenza capace di generare un'elevata redditività come anche un potente effetto volano sull'indotto circostante. 

C'è un problema però. L'Italia allo stato attuale della situazione non parteciperà a questa impresa, e per la prima volta in trent'anni di successi dell'ESO, il nostro Paese dovrà mettersi alla finestra. 

Quello che accade è che naturalmente la partecipazione a questa impresa tecnologico/scientifica non è gratuita, richiede diversi investimenti da parte dei paesi partecipanti, e questi investimenti sono grossomodo proporzionali all'importanza economica del paese nel consorzio o, semplificando, in pratica al famigerato PIL, prodotto interno lordo.
L'Italia, come è noto, è un'economia rilevante e, per farla breve, per partecipare alla fase iniziale del progetto il nostro Paese dovrebbe investire circa 50 milioni di €. Una cifra senz'altro rilevante, senza dubbio. 
Ma a quanto pare così non sarà, e per ragioni ovviamente legate alla necessità di contenere la spesa pubblica, altro argomento ben noto, anche questi investimenti sono caduti sotto la voce delle spese eliminabili.

La questione del bilancio dello Stato va ben oltre naturalmente la partecipazione dell'Italia a questa o quest'altra impresa tecnologica, e certamente si tratta di un argomento che, come tutti quelli specialistici, dovrebbe essere trattato da persone con competenze specifiche e conoscenza dettagliata.

Quello che però possiamo rilevare è che questo genere di economie sulle spese dello Stato appaiono essere molto probabilmente un pessimo affare. Sia sulla base di esperienze precedenti, come la costruzione del VLT, che da analisi delle industrie del settore, la partecipazione italiana al progetto garantirebbe un ritorno in commesse industriali al nostro Paese di almeno altrettanto quanto investito, e possibilmente come è accaduto in passato, anche del doppio. 

E' comprensibile allora come organizzazioni che non hanno nulla a che fare con la ricerca scientifica di base propriamente detta, come Confindustria, si siano mosse per salvaguardare questi investimenti strategici proprio per la loro natura di generare un indotto preziosissimo per un Paese caratterizzato da un paio di decenni di crescita economica asfittica. Riporto a titolo d'esempio un vecchio articolo del Sole 24, risalente al gennaio 2009, dove si commentava quanto questo tipo di avventure scientifiche siano ricche di ricadute economiche di valore. 

Rimane solo da sperare che, per la scienza, prima di tutto, ma almeno per l'economia se proprio l'estetica della scienza non ci scalda in tempi di crisi, la nuova compagine governativa possa opportunamente riconsiderare questo suicidio culturale ed industriale.