martedì 29 aprile 2014

Pianeti di classe M

Nella saga di Star Trek, perdonatemi l'incipit molto "nerd", quando si incontra un pianeta di tipo terrestre, vale a dire un pianeta adatto alla vita umana, si dice che sia un pianeta "di classe M".

Noi non abbiamo, purtroppo, i motori a curvatura, il teletrasporto e tutto l'armamentario tecnologico della saga, ma non sorprenderà sapere che la scoperta di pianeti di tipo terrestre attorno ad altre stelle rappresenta di gran lunga l'argomento scientifico più eccitante del prossimo decennio, e forse oltre.

Pochi giorni fa i media hanno dato ampio risalto alla scoperta del pianeta Kepler 186f, un pianeta di taglia simile alla Terra nella regione di abitabilità di una stella di piccola massa a circa 500 anni luce da noi. 

È troppo presto per farsi prendere dall'eccitazione, non abbiamo praticamente alcuna reale informazione sulle condizioni ambientali di questo pianeta, se abbia un'atmosfera, ecc. E non l'avremo per molti anni ancora, sebbene la tecnologia che gli astronomi applicano alla ricerca di pianeti stia facendo finalmente passi da gigante.

Nel 1995, infatti, due valenti astronomi svizzeri, Michael Mayor e Didier Queloz, resero pubblica la notizia della scoperta per primo pianeta intorno ad una stella di tipo solare, vale a dire 51 Pegasi
Ricordo bene l'evento, in quanto la rassegna stampa fu presentata durante un congresso internazionale a Firenze dedicato alla fisica delle stelle di tipo spettrale avanzato (le cosiddette, con un po' di ironia, "stelle fredde"...) al quale stavo partecipando.
Si trattava di un pianeta quantomai atipico rispetto a quelli che conosciamo nel nostro sistema solare. Di grande massa ma orbitante a piccolissima distanza dalla sua stella. Segno che, come sempre, la natura offre agli scienziati una varietà molto maggiore di quella che la nostra fantasia tipicamente è in grado di concepire.

Sia come sia, da allora la ricerca di pianeti extra-solari è diventata un'attività sempre più importante nella moderna astrofisica, e con tecniche sempre più ingegnose e missioni spaziali dedicate, una ventina di anni dopo siamo ormai a quasi 2000 pianeti extra-solari confermati!

Certamente non è che ci accontenti di catalogare sempre più pianeti, si calcola che nella nostra Galassia ne potremmo avere centinaia di miliardi... ma la suggestiva prospettiva di trovare "altre Terre" è certamente sempre presente nei programmi di ricerca.

Non si tratta di compito facile, ed al contrario presenta delle difficoltà tecnologiche straordinarie. Dalla semplice identificazione di pianeti di piccola massa, già operazione complessa, alla caratterizzazione degli stessi, con lo studio delle atmosfere quando presenti, alla ricerca, intrigante prospettiva di un futuro forse non così lontano, di bio-marcatori. Ovvero di caratteristiche osservative che siano compatibili e talvolta prova inequivocabile di presenza di vita come noi la conosciamo sul nostro pianeta.

Potremmo essere testimoni diretti di un'ennesima rivoluzione copernicana che l'astronomia regalerà all'umanità.

Di questo e di molto altro abbiamo parlato ieri pomeriggio a Vimercate nell'ambito dei corsi dell'Università del Tempo Libero. Per i più curiosi il materiale mostrato e discusso è ora disponibile online

Buona ricerca!

lunedì 7 aprile 2014

The Big Iron

Il sistema /360 IBM

Il grande ferro.

Ed in effetti stiamo parlando di hardware, ferraglia. 
A Milano, presso il palazzo di Brera, nel momento in cui scrivo, si sta svolgendo un convegno, organizzato dall'ARAAS - Brera, intitolato proprio "The Big Iron" dedicato alla celebrazione di un cinquantenario speciale: il 7 aprile 1964 l'IBM presentava un sistema informatico che avrebbe fatto epoca, il sistema /360. Qui possiamo trovare il programma del convegno.

La storia dell'informatica italiana si riallaccia per altro immediatamente a quell'epoca speciale per l'industria e la cultura italiana che è stato il dopoguerra, diciamo dagli anni '50, dove le innovazioni in tutti i campi stavano plasmando la società italiana e il suo impetuoso boom economico.

Lo sviluppo dell'informatica aveva influenze nei settori più disparati, e certamente fra questi anche l'astrofisica. A questo riguardo è di ovvio interesse ripercorre le varie tappe tramite le quali l'astrofisica italiana in generale, e l'Osservatorio Astronomico di Brera in particolare, hanno cominciato a dotarsi di strumenti informatici sempre più sofisticati. All'inizio si trattava di calcolatori nel senso più letterale della parola, macchine utilizzate per risolvere complessi problemi di calcolo. Ma nel giro di pochi anni, salvando il lato computazionale, i computer divennero sempre più strumenti  legati anche all'acquisizione di dati per la gestione di enormi flussi di informazioni. Oppure da strumenti legati ad una concezione centralizzata, i mainframe con i terminali remoti, fino all'informatica personale che caratterizza i tempi moderni.

Insieme al collega Mario Carpino, sempre dell'Osservatorio Astronomico di Brera, siamo infatti stati invitati a questo convegno per delineare, brevemente, la "storia informatica" del nostro istituto. È più in generale come l'informatica influenza il lavoro degli astronomi.
Alcuni accenni sono qui disponibili.


Addendum il giorno dopo.
Ammetto che il convegno, almeno a giudicare dal programma, potesse fornire spunti di oggettivo interesse ma anche apparire potenzialmente noioso. In realtà questa impressione si è rivelata quantomai sbagliata. Molti dei relatori sono stati protagonisti diretti dell'epopea del supercalcolo italiano. Dagli inizi grazie ai finanziamenti del Piano Marshall dopo la guerra, allo sviluppo dei primi calcolatori italiani negli anni '50. Progetti di assoluta avanguardia che portarono ad esempio alla creazione di imprese commerciali come la Olivetti.
A dire il vero, giudizio personale, fa un certo effetto vedere l'effervescenza non solo imprenditoriale di quell'Italia. Per un certo, non breve, periodo il nostro Paese (la maiuscola qui ci sta d'obbligo) fu veramente la terra delle opportunità. Aziende ed università erano alla ricerca continua di talenti e dove l'investimento, in tutti settori, era pensato con prospettive generazionali e non speculative. Lungo se non lunghissimo termine, non l'immediato tornaconto.
Era un'altra Italia.


giovedì 13 marzo 2014

Fine osservazioni!

Ancora da Cristina, in procinto di tornare a Santa Cruz e quindi di nuovo a Milano:


Oggi è stato l'ultimo giorno al Roque de los Muchachos. Domani mattina infatti io e Igor torneremo a Santa Cruz, per un ultimo giorno canario.

Oggi, come previsto, siamo andati a visitare MAGIC (I e II). Simona Paiano, una dottoranda di Padova che fa parte della collaborazione MAGIC, si è offerta di portarci a vedere i due giganteschi specchi (ben 17 metri di diametro) da vicino, spiegandoci al meglio il loro funzionamento e raccontandoci per che cosa vengono usati.

Entrambi sono costituiti da diversi segmenti, che questa volta sono quadrati, con il lato di circa 1 metro. In particolare ciascuno di questi segmenti in MAGIC I, il più vecchio dei due telescopi, è a sua volta formato da quattro specchi più piccoli affiancati. Entrambi i MAGIC sono stati costruiti con lo scopo di rivelare l'emissione di luce Cerenkov derivante dall'interazione dei raggi gamma con l'atmosfera, ed in origine sono stati pensati con lo scopo di rivelare la possibile emissione di radiazione a queste energie da parte dei Gamma Ray Bursts (senza mai ottenere alcun risultato al riguardo, purtroppo). Al momento entrambi i MAGIC vengono utilizzati per osservare diverse sorgenti astronomiche, come i Blazars, gli stessi Gamma Ray Bursts (sono in grado di puntare la regione di emissione del burst in un tempo di soli 15 secondi), microquasars, eccetera.

Ci colpisce che questi specchi siano esposti a cielo aperto, senza alcuna protezione dagli agenti atmosferici, e Simona ci spiega che non è necessario proteggerli, in quanto la degradazione di questi specchi è minima. Ovviamente è necessario porre attenzione alla camera che registra i dati, che nel caso di pioggia o alta umidità dell'aria deve necessariamente rimanere chiusa.
È stata senza dubbio una visita molto interessante, in quanto ci ha permesso di apprendere tanto su tecniche di osservazione molto diverse da quelle a cui ci siamo abituati in questi giorni, e quindi ringraziamo moltissimo Simona per la sua disponibilità.

La giornata si è conclusa con una tappa sull'oceano, nella punta a nord dell'isola, altro paesaggio meraviglioso che questa settimana ci ha offerto.
Torniamo a casa arricchiti da moltissime esperienze e desiderosi di rimetterci all'opera, sperando un giorno non lontano di poter tornare quassù a osservare il cielo.

mercoledì 12 marzo 2014

E finalmente le osservazioni!

Ancora da Cristina a La Palma:


Penultima tappa del mio viaggio, forse la più significativa. 

È stata una giornata estremamente lunga, perché, nonostante la certezza (più che altro la speranza) che saremmo dovuti restare svegli fino a tardi per osservare, quando ci si trova in un posto del genere non è possibile resistere alla tentazione di andare in giro a fare un milione di foto ricordo. E in effetti è così che è trascorsa una buona parte della nostra giornata: di mattina abbiamo passeggiato attorno alla Residencia, soffermandoci ai telescopi che incontravamo (in particolare a MAGIC, che è davvero stupendo), mentre subito dopo pranzo, prima di recarci al NOT ad incontrare Tapio, siamo andati a vedere da vicino Los Muchachos, da cui l'osservatorio prende il nome. Si tratta di alcune rocce piuttosto alte e di forma allungata, poste in cima a un picco. 
Lo spettacolo da lassù era mozzafiato: da una parte la bocca del vulcano, piena di nuvole e molto suggestiva, con sullo sfondo, in lontananza, il Teide, vulcano di Tenerife alto 3718 metri; dall'altra, tutti i telescopi dell'osservatorio (NOT, GranTeCan, TNG, Liverpool, Newton...). 

Il meteo oggi sembra essere dalla nostra parte, garantendoci sia di ammirare questi favolosi paesaggi, che di sperare in una buona notte di osservazioni. Anche Tapio, il nostro support astronomer, è della stessa idea. Quando lo incontriamo, alle 3 del pomeriggio, ci mettiamo infatti subito al lavoro, e per prima cosa ci occupiamo di prendere le immagini di calibrazione, dette FLAT e BIAS, che serviranno a correggere tutte le immagini che prenderemo durante la notte per effetti dovuti all'elettronica del sistema o alle disuniformità della camera CCD, grazie alla quale la radiazione proveniente dagli oggetti celesti viene raccolta, permettendoci di visualizzare le immagini su cui è possibile lavorare. Per il momento si lavora quindi ancora a cupola chiusa. 

Cristina ed Igor sotto il GranTeCan

Alle 17:30 io e Igor abbiamo appuntamento con Daniel, che lavora al Gran Telescopio Canarias (GranTeCan), il più grande telescopio al mondo, e che ha promesso di farci fare una specie di visita guidata. Il GranTeCan è un telescopio gigantesco: lo specchio primario, costituito da una trentina di segmenti esagonali, misura in totale 10,4 metri (superando di poco i "gemelli" Hawaiiani Keck, di 10 metri), il che significa che è circa 4 volte il NOT. Senza vederlo, non è possibile immaginarsi quanto possa essere grande!




Le condizioni metereologiche sembrano ottimali, quindi subito dopo una veloce cena alla Residencia ci rechiamo al NOT, dove Tapio ci sta già aspettando per prendere le prime misure a cupola aperta (che sono ancora misure di calibrazione da prendersi al tramonto, per assicurarsi l'uniformità del cielo). Verso le 20:30 possiamo iniziare con i nostri target! 
Cristina nella control room del NOT
La soddisfazione a fine serata è grande: siamo riusciti senza difficoltà, grazie al prezioso aiuto di Tapio, a prendere un sufficiente numero di misure per il nostro proposal. In particolare, abbiamo osservato utilizzando tecniche di polarimetria un balzar in due bande nell'ottico, R e B, prendendo immagini di un centinaio di secondi di integrazione, per una durata totale di 2 ore. Nel mezzo, abbiamo dovuto cambiare il puntamento del telescopio, in quanto ci è stato richiesto di osservare per circa 1 ora e mezza un Gamma Ray Burst esploso oggi. Inoltre abbiamo raccolto anche un migliaio di secondi di osservazione polarimetrica di una binaria X, che mi serviranno per completare un lavoro che sto portando avanti da qualche tempo.

È stato molto bello lavorare questa notte, anche perché per la prima volta ho avuto una responsabilità grande, e mi sono resa conto di essere in grado di giostrarmi abbastanza bene tra tutte le cose che vanno tenute d'occhio durante le osservazioni: tempi di esposizione, saturazione degli oggetti, quali filtri usare, che tecnica di osservazione preferire, eccetera.
Alla fine tutto è risultato essere molto naturale, e se per qualche motivo una scelta non è risultata ottimale (per esempio tempi di esposizione troppo brevi) siamo sempre riusciti a trovare una soluzione adeguata, senza nessun problema o perdita di tempo.

Sono ottimista sul fatto che potremo tirar fuori risultati interessanti da tutti questi dati: ora non resta che analizzarli! Ma ce ne occuperemo una volta tornati a casa...



martedì 11 marzo 2014

Al Roque de los Muchachos

Ancora da Cristina finalmente all'osservatorio.


Eccoci alla seconda tappa del nostro viaggio, quella che ci porterà all'Osservatorio di Roque de los Muchachos.

Cristina in cima alla caldera
L'Osservatorio è posto in cima all'isola di La Palma, ad un'altitudine di circa 2400 metri sul livello del mare (e quindi ad una considerevole distanza da dove abbiamo passato la prima notte del nostro viaggio). Ci mettiamo un paio d'ore a raggiungerlo, partendo subito dopo pranzo, percorrendo una strada molto piacevole anche se piena di tornanti. 
A quasi ogni curva la tentazione di fermarsi ad ammirare il panorama è enorme, e un paio di volte cediamo. L'ultima appena prima di arrivare in cima, dove avremmo dovuto iniziare a scorgere le cupole dei vari telescopi che sono disseminati qua e là sulla montagna. 
Il paesaggio è unico: roccia frastagliata color rosso/arancione, e, sullo sfondo, l'oceano! Incontriamo anche qualche frana recente lungo la strada, probabilmente causata dal cattivo tempo degli ultimissimi giorni. Effettivamente anche oggi il cielo non è limpido, ci sono molte nuvole in giro e minaccia pioggia. Ma abbiamo già imparato che le condizioni meteorologiche in quest'isola in mezzo all'oceano possono variare con grande rapidità, quindi non disperiamo.

Il telescopio NOT
Arriviamo al NOT con perfetta puntualità alle 15:00. Ad accoglierci, in una struttura adiacente al telescopio, troviamo il nostro support astronomer, Tapio. Con lui, dopo esserci fermati a scambiare due parole con un povero malcapitato che ha avuto l'idea di fare una passeggiata dal livello del mare fin quassù (con un inevitabile principio di congelamento) ci rechiamo finalmente alla cupola.
Le condizioni metereologiche purtroppo nel frattempo sono peggiorate, e il telescopio sembra immerso nella nebbia. Tapio è piuttosto pessimista sulla riuscita della nostra serata osservativa, anche se non si sbilancia troppo sulle previsioni ("se sapessi prevedere il futuro, farei un lavoro molto più remunerativo!"). A causa delle temperature che rasentano gli 0˚, la scaletta per arrivare alla cupola è quasi congelata, e inoltre tira un vento molto forte quassù. Siamo ben lieti quindi di entrare nella sala comandi del NOT! Qui Tapio ci spiega un po' come funzionano tutti i vari strumenti, e ci racconta brevemente quello che andremo a fare. Con nostro sollievo, scopriamo che resterà con noi durante l'intera durata delle osservazioni, quindi non scende in troppi dettagli per il momento. È molto bello trovarsi lì con il nostro support astronomer, che risponde con pazienza a tutte le nostre domande, anche quando sono molto banali. 

Prima di salutarci per andare a mangiare, facciamo un salto a guardare da vicino il telescopio. È molto emozionante perché, come ho scritto ieri, non mi è mai capitato di vederne uno così da vicino. Il NOT ha un diametro di 2.56 metri, e noi nello specifico lavoreremo con lo strumento ALFOSC. Anche in questo caso non ci tratteniamo molto, perché puntiamo a passarci più tempo durante la serata.

Durante la cena, che si è tenuta presso la Residencia dell'Osservatorio, abbiamo un bel dialogo con Tapio, che ci racconta un po' della sua vita, dei suoi studi, della sua famiglia. E purtroppo, verso la fine della cena, ci rendiamo conto che le condizioni meteorologiche sono decisamente peggiorate.  Infatti ha addirittura iniziato a piovere, il che implica alta umidità e quindi probabile congelamento della cupola. Questo rende praticamente impossibile pensare di fare le nostre osservazioni questa sera, anche se smettesse di piovere. Infatti Tapio ci spiega che per poter aprire la cupola è necessario attendere mezz'ora dopo che l'umidità sia scesa sotto il 90%. Ci consiglia inoltre di non muoverci dalla Residencia, in quanto potrebbe anche diventare pericoloso spostarsi con queste condizioni meteorologiche. 

Ci siamo quindi salutati sperando in un improvviso miglioramento, che purtroppo non è avvenuto (Umidità sempre superiore al 98%, nonostante la pioggia sia cessata presto). In fondo anche questo fa parte del lavoro dell'astronomo!

Confidiamo in domani, sperando che le condizioni metereologiche possano migliorare!

lunedì 10 marzo 2014

A La Palma!

Ed ecco, come promesso, il primo "report" di Cristina!


La cupola del NOT
Oggi inizia finalmente la mia breve avventura, che mi sta portando in cima alla montagna dell'isola di Santa Cruz de la Palma, ad osservare il cielo da uno dei grandi telescopi mondiali, il Nordic Optical Telescope (NOT). 

Mentre aspetto l'aereo che mi condurrà a La Palma, mi viene da pensare a quando per la prima volta mi è balenata nella mente l'idea di studiare fisica per imparare tutto il possibile sulle stelle e su tutti gli oggetti che popolano il cielo. Avevo solo 17 anni ed ero rimasta completamente affascinata da un professore, che poi sarebbe diventato un mio professore universitario, che raccontava a noi studenti come ha avuto origine l'Universo. Non che il cielo stellato non avesse avuto prima di allora alcuna attrattiva su di me (e su chi non ne ha?!)... Ma quella è stata senza dubbio una svolta significativa per me: passare da ammirare qualcosa di bello, le stelle, al chiedersi perché sia lì, cosa faccia, come funzioni. Penso che, in fondo, sia questa la prima mossa di un uomo (e di una donna) di scienza: chiedersi il perché di ciò che lo colpisce, e andare a fondo di quella cosa fino a sviscerarla del tutto. Posso assicurare che questo non toglie nulla al romanticismo e alle emozioni che si provano quando, nelle notti serene, si alza la testa verso l'alto e ci si lascia rapire dalla sensazione di infinito che una bellezza simile inevitabilmente suscita. Così, non senza timori, 
ho iniziato a studiare Fisica, e poi Astrofisica, fino alla laurea (pochi mesi fa). 
Al primo anno di Università ho avuto la grande occasione di utilizzare un telescopio per la prima volta. Si trattava di un piccolo telescopio che mi era stato regalato in onore della mia passione per le stelle, un rifrattore di 10 centimetri di diametro che di per sé non è in grado di mostrare chissà che... Ma immaginate che emozione grande sia stata per me osservare per la prima volta Giove e i suoi satelliti, Saturno e i suoi anelli, la Luna con i suoi crateri, l'alone verdastro che denota la presenza della nebulosa di Orione!
Per la prima volta, quello che studiavo era vero, davanti ai miei occhi! All'ora non avrei mai immaginato che avrei potuto arrivare dove sono oggi, ad osservare con un telescopio di 2 metri, a prendere dati su sorgenti molto più esotiche rispetto ai pianeti del sistema solare: buchi neri supermassicci al centro di galassie attive! 

Un'altra magnifica immagine del NOT
Con questo spirito attendo le osservazioni di domani: una grande attesa, che in fondo è iniziata tanti anni fa. Sarà certamente qualcosa di nuovo e stimolante per me, appena uscita dall'Università e abituata a lavorare su dati che qualcuno di più esperto di me ha avuto la fortuna di andare a prendere. 

Ora mi fermo, aspettando di poter fornire qualche dettaglio in più domani, dopo essere stata al NOT! A domani!

sabato 8 marzo 2014

Mimose astronomiche

Oggi, 8 marzo 2014, è la festa della donna!
La luna piena e delle mimose!

Lasciamo un attimo da parte tutte le, per altro non prive di interesse, discussioni sul significato di questa ricorrenza. Ma utilizziamola come veicolo per introdurre un tema ampiamente dibattuto ma sempre di interesse: la presenza femminile nelle scienze in generale e l'astronomia in particolare.

Qualche tempo fa due colleghi dell'Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF), Maria Francesca Matteucci e Raffaele Gratton hanno pubblicato uno studio decisamente interessante (qui, in inglese) e dai risultati per certi versi inattesi. La presenza femminile nelle scienze è ancora ridotta, ma la situazione è decisamente migliore, in particolare in astronomia, per alcuni paesi tra cui l'Italia. Abituati a fare i conti quotidianamente con le mancanze del nostro Paese non si può dire che la notizia non colpisca. Un sunto dello studio con vari commenti ed interessanti tabelle e grafici lo si può trovare riportato da Media INAF, il prezioso periodico web dell'INAF di informazione e divulgazione sulle attività dell'ente. La peculiarità italiana è ancora più evidente se si considera che gli altri paesi che godono del privilegio di avere una nutrita presenza femminile negli ambienti accademici sono, mi si passi la parola, relativamente marginali per impatto scientifico, figlio ovviamente del peso economico globale. 
In un altro servizio sempre preso da Media INAF l'argomento è introdotto con un titolo piuttosto ardito. L'astrofisica sarebbe addirittura "Femmina e latina"! Ardito ma suggestivo, evocando in effetti immagini cinematografiche mediterranee.

Non è ovviamente che manchino difficoltà o ambiguità, ma senza dubbio si tratta di un patrimonio di cui il nostro sistema accademico, spesso (ed arbitrariamente) denigrato se non dileggiato, può certamente gloriarsi. Abbiamo presenze femminili ad alto livello, come ad esempio la già citata Francesca Matteucci, ordinario all'Università di Trieste, accademica dei Lincei, presidente del Consiglio Scientifico dell'INAF, e chissà cos'altro...

Ma ci sono anche le nuove leve. Ragazze competenti ed appassionate di scienza. Ed ancora in occasione della festa della donna è proprio di una di queste di cui parliamo oggi, e nei prossimi giorni: Cristina Baglio.
Cristina è una giovane ricercatrice in forza all'INAF / Osservatorio Astronomico di Brera e all'Università Insubria di Como dove sta seguendo i corsi per ottenere il dottorato di ricerca. Cristina si è occupata in passato di binarie X, sistemi binari dove le caratteristiche fisiche delle componenti il sistema e la distanza fra le stesse generano fenomeni estremamente energetici e molto affascinanti. La tecnica osservativa di studio che ha applicato, insieme al suo gruppo di ricerca guidato da Sergio Campana e Paolo D'Avanzo, non è certo una delle più semplici, si è trattato di compiere analisi di polarizzazione.

Il compiere osservazioni è agli occhi degli appassionati e del grande pubblico l'attività principe degli astronomi. La figura dell'astronomo, barbuto e magari un po' misantropo, sul picco di una montagna con il suo telescopio è quasi parte dell'immaginario collettivo. Una figura non corrispondente certamente alla realtà, ma stridente in maniera quasi comica quando pensiamo che le osservazioni sono compiute, come sarà a breve il caso, da giovani donne!
Una magnifica sequenza di telescopi a La Palma

Cristina, infatti,  domani partirà con un collega, Igor Andreoni, altro dottorando di Brera, per una missione osservativa con l'obiettivo di compiere osservazioni polarimetrie. In questo caso di altre categorie di sorgenti e le osservazioni saranno effettuate con il telescopio NOT (Nordic Optical Telescope) da 2,5m situato sull'isola di La Palma, nell'arcipelago delle Canarie. Il NOT, come molti altri telescopi, è situato sulla cima di un vulcano spento dove abbiamo una delle più ampie concentrazioni di telescopi dell'emisfero nord. Un'ambiente affascinante  e ricco di suggestioni.

E come suggello del tema di oggi, donne ed astronomia, Cristina nei prossimi giorni ci comunicherà i suoi appunti di viaggio! Una maniera non del tutto ovvia di comunicare la scienza... con gli occhi delle donne di scienza!