martedì 29 aprile 2014

Pianeti di classe M

Nella saga di Star Trek, perdonatemi l'incipit molto "nerd", quando si incontra un pianeta di tipo terrestre, vale a dire un pianeta adatto alla vita umana, si dice che sia un pianeta "di classe M".

Noi non abbiamo, purtroppo, i motori a curvatura, il teletrasporto e tutto l'armamentario tecnologico della saga, ma non sorprenderà sapere che la scoperta di pianeti di tipo terrestre attorno ad altre stelle rappresenta di gran lunga l'argomento scientifico più eccitante del prossimo decennio, e forse oltre.

Pochi giorni fa i media hanno dato ampio risalto alla scoperta del pianeta Kepler 186f, un pianeta di taglia simile alla Terra nella regione di abitabilità di una stella di piccola massa a circa 500 anni luce da noi. 

È troppo presto per farsi prendere dall'eccitazione, non abbiamo praticamente alcuna reale informazione sulle condizioni ambientali di questo pianeta, se abbia un'atmosfera, ecc. E non l'avremo per molti anni ancora, sebbene la tecnologia che gli astronomi applicano alla ricerca di pianeti stia facendo finalmente passi da gigante.

Nel 1995, infatti, due valenti astronomi svizzeri, Michael Mayor e Didier Queloz, resero pubblica la notizia della scoperta per primo pianeta intorno ad una stella di tipo solare, vale a dire 51 Pegasi
Ricordo bene l'evento, in quanto la rassegna stampa fu presentata durante un congresso internazionale a Firenze dedicato alla fisica delle stelle di tipo spettrale avanzato (le cosiddette, con un po' di ironia, "stelle fredde"...) al quale stavo partecipando.
Si trattava di un pianeta quantomai atipico rispetto a quelli che conosciamo nel nostro sistema solare. Di grande massa ma orbitante a piccolissima distanza dalla sua stella. Segno che, come sempre, la natura offre agli scienziati una varietà molto maggiore di quella che la nostra fantasia tipicamente è in grado di concepire.

Sia come sia, da allora la ricerca di pianeti extra-solari è diventata un'attività sempre più importante nella moderna astrofisica, e con tecniche sempre più ingegnose e missioni spaziali dedicate, una ventina di anni dopo siamo ormai a quasi 2000 pianeti extra-solari confermati!

Certamente non è che ci accontenti di catalogare sempre più pianeti, si calcola che nella nostra Galassia ne potremmo avere centinaia di miliardi... ma la suggestiva prospettiva di trovare "altre Terre" è certamente sempre presente nei programmi di ricerca.

Non si tratta di compito facile, ed al contrario presenta delle difficoltà tecnologiche straordinarie. Dalla semplice identificazione di pianeti di piccola massa, già operazione complessa, alla caratterizzazione degli stessi, con lo studio delle atmosfere quando presenti, alla ricerca, intrigante prospettiva di un futuro forse non così lontano, di bio-marcatori. Ovvero di caratteristiche osservative che siano compatibili e talvolta prova inequivocabile di presenza di vita come noi la conosciamo sul nostro pianeta.

Potremmo essere testimoni diretti di un'ennesima rivoluzione copernicana che l'astronomia regalerà all'umanità.

Di questo e di molto altro abbiamo parlato ieri pomeriggio a Vimercate nell'ambito dei corsi dell'Università del Tempo Libero. Per i più curiosi il materiale mostrato e discusso è ora disponibile online

Buona ricerca!

lunedì 7 aprile 2014

The Big Iron

Il sistema /360 IBM

Il grande ferro.

Ed in effetti stiamo parlando di hardware, ferraglia. 
A Milano, presso il palazzo di Brera, nel momento in cui scrivo, si sta svolgendo un convegno, organizzato dall'ARAAS - Brera, intitolato proprio "The Big Iron" dedicato alla celebrazione di un cinquantenario speciale: il 7 aprile 1964 l'IBM presentava un sistema informatico che avrebbe fatto epoca, il sistema /360. Qui possiamo trovare il programma del convegno.

La storia dell'informatica italiana si riallaccia per altro immediatamente a quell'epoca speciale per l'industria e la cultura italiana che è stato il dopoguerra, diciamo dagli anni '50, dove le innovazioni in tutti i campi stavano plasmando la società italiana e il suo impetuoso boom economico.

Lo sviluppo dell'informatica aveva influenze nei settori più disparati, e certamente fra questi anche l'astrofisica. A questo riguardo è di ovvio interesse ripercorre le varie tappe tramite le quali l'astrofisica italiana in generale, e l'Osservatorio Astronomico di Brera in particolare, hanno cominciato a dotarsi di strumenti informatici sempre più sofisticati. All'inizio si trattava di calcolatori nel senso più letterale della parola, macchine utilizzate per risolvere complessi problemi di calcolo. Ma nel giro di pochi anni, salvando il lato computazionale, i computer divennero sempre più strumenti  legati anche all'acquisizione di dati per la gestione di enormi flussi di informazioni. Oppure da strumenti legati ad una concezione centralizzata, i mainframe con i terminali remoti, fino all'informatica personale che caratterizza i tempi moderni.

Insieme al collega Mario Carpino, sempre dell'Osservatorio Astronomico di Brera, siamo infatti stati invitati a questo convegno per delineare, brevemente, la "storia informatica" del nostro istituto. È più in generale come l'informatica influenza il lavoro degli astronomi.
Alcuni accenni sono qui disponibili.


Addendum il giorno dopo.
Ammetto che il convegno, almeno a giudicare dal programma, potesse fornire spunti di oggettivo interesse ma anche apparire potenzialmente noioso. In realtà questa impressione si è rivelata quantomai sbagliata. Molti dei relatori sono stati protagonisti diretti dell'epopea del supercalcolo italiano. Dagli inizi grazie ai finanziamenti del Piano Marshall dopo la guerra, allo sviluppo dei primi calcolatori italiani negli anni '50. Progetti di assoluta avanguardia che portarono ad esempio alla creazione di imprese commerciali come la Olivetti.
A dire il vero, giudizio personale, fa un certo effetto vedere l'effervescenza non solo imprenditoriale di quell'Italia. Per un certo, non breve, periodo il nostro Paese (la maiuscola qui ci sta d'obbligo) fu veramente la terra delle opportunità. Aziende ed università erano alla ricerca continua di talenti e dove l'investimento, in tutti settori, era pensato con prospettive generazionali e non speculative. Lungo se non lunghissimo termine, non l'immediato tornaconto.
Era un'altra Italia.