mercoledì 8 aprile 2015

Ballando lo SKA

Molto probabilmente la parola SKA per la maggior parte delle persone non dirà molto, o al massimo  evocherà un genere musicale per altro di notevole interesse e sviluppo.

Per gli appassionati ed i professionisti di astronomia, invece, l'acronimo SKA si avvia a diventare uno dei più importanti e comuni nei prossimi decenni. SKA sta per Square Kilometre Array, ed è, molto in soldoni, uno straordinario radiotelescopio formato da migliaia di antenne distribuite su un'area larga circa 3000 chilometri. Come è stato detto, certamente con un po' di enfasi, in questo caso non del tutto mal posta, il progetto punta a trasformare la Terra in un unico gigantesco radiotelescopio!

Immagine pittorica di alcune delle future antenne di SKA
Si tratta di un'impresa realmente titanica, con un costo stimato intorno ai 2 miliardi di Euro. E con un tempo di sviluppo completo vicino ai due decenni. È facilmente intuibile che una tale avventura scientifica e tecnologica sia possibile solo grazie ad un'ampia collaborazione internazionale. Al momento fra i paesi del consorzio abbiamo Australia, Canada, Cina, Germania, Gran Bretagna,  India, Nuova Zelanda, Sud Africa, Svezia, Paesi Bassi ed appunto Italia. E diversi altri stanno negoziando l'ingresso. 

Non è un caso che nella lista ci siano diversi paesi emergenti, evidentemente desiderosi di fare "il gran salto" ed entrare a far parte dei paesi importanti per la scienza. Le impressionanti ricadute tecnologiche che deriveranno dallo sviluppo ed utilizzo di questa strumentazione sono un diretto viatico verso la competitività industriale dei paesi che maggiormente contribuiranno alla sua costruzione. Questa fase di febbrile negoziazione ricorda in parte i primi decenni del secondo dopoguerra in Europa, dove vennero poste le basi di grandi organizzazioni scientifiche come il CERN e l'ESO.

Della scienza di SKA e con SKA avremo comunque modo di parlare ampiamente in futuro, quando il progetto entrerà nelle sue fasi operative che prevedono, nel corso degli anni, la costruzione di una serie di "pre-cursori", vale a dire versioni ridotte della struttura finale tramite i quali però si potranno cominciare ad affrontare alcuni dei temi scientifici principali.
Una cosa che invece sta accadendo proprio in questi giorni è la decisione su dove dovrà essere posto il quartier generale dell'osservatorio. Abbiamo già capito, vista la dimensione della struttura, che naturalmente SKA non sarà il tipico osservatorio al quale siamo abituati a pensare, non sarà ad esempio localizzato in un posto specifico. La maggior parte delle antenne saranno installate in un'ampia area nell'emisfero sud, fra Australia e Sud Africa. E, in un certo senso come bilanciamento, il quartier generale, dove cioè verranno prese le decisioni principali e definita la strategia di utilizzo, sarà nell'emisfero nord, e precisamente in Europa. E per ospitare questa struttura ci sono in lizza due candidati: le città di Manchester, nel Regno Unito, e Padova, in Italia. La decisione su quale sia la prescelta è ovviamente complessa in quanto richiede di valutare un'ampia classe di parametri. Dall'interesse ed attività della comunità scientifica, la facilità di accesso e la presenza di strutture ricettive adeguate, come anche, la presenza di solide garanzie finanziarie da parte dei rispettivi governi. Il quartier generale di un'impresa scientifica di questo genere, infatti, è qualcosa che va oltre un "normale" istituto scientifico. Diventerà infatti in un certo qual modo il luogo naturale dove scienziati di tutto il pianeta si incontreranno e lavoreranno. Sarà teatro di dibatti, convegni, obiettivo di studenti e ricercatori di ogni provenienza.

Ad onor del vero su questa vicenda si è innescato un piccolo giallo internazionale. Nulla che in effetti non sia la quotidianità in questioni di questa natura. Quello che accade è che in realtà la valutazione sarebbe già stata effettuata da un apposito comitato verso la fine di marzo, con una chiara preferenza verso la soluzione italiana. Tuttavia la controparte inglese ha chiesto ed ottenuto che ci sia una seconda valutazione per dare tempo ai concorrenti di riformulare le offerte. La nota rivista scientifica Nature ha dedicato alla vicenda un editoriale (qui, in inglese) non lesinando critiche esplicite alla gestione della cosa. Una lettura interessante ed istruttiva per chi ancora pensa che la scienza sia una specie di area neutra al di fuori di interessi nobili e talvolta anche meno nobili.



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