sabato 16 luglio 2016

Un radiotelescopio da miracolo economico

Un "cane a sei zampe, amico fedele dell'omo a quattro rote!", diceva Bruno Cortona, alias Vittorio Gasman, in una scena de "Il sorpasso", film del 1962 diretto da Dino Risi, e considerato, non a torto, uno dei capolavori di quel genere noto come "commedia all'italiana". La commedia tratteggiava, con toni a tratti comici ed altri amari, l'Italia del miracolo economico, ovvero quel periodo fra gli anni cinquanta e la fine dei sessanta del novecento caratterizzato da un'impetuosa crescita economica e con il nostro paese a rivestire uno dei ruoli principali.

Fu anche, naturalmente, un periodo di grande sviluppo tecnologico e culturale, con l'affacciarsi prepotentemente di nuove idee, stili di vita e riferimenti. Ed anche l'astronomia italiana si trovò a vivere un periodo di speciale fermento con l'affacciarsi sulla scena di nuovi protagonisti. Abbiamo già visto come alcune delle fasi più salienti dello sviluppo del nostro Paese siano state accompagnate, quando in qualche caso addirittura simboleggiate, dall'acquisizione di importanti strumenti scientifici per l'astronomia italiana. Ad esempio con il giovane Regno d'Italia a cercare un riconoscimento di un desiderato ruolo fra le nazioni più sviluppate dotando l'Osservatorio Astronomico di Brera di un poderoso telescopio rifrattore, o il frizzante panorama culturale della Milano del primo novecento con l'abile strategia diplomatica per ottenere un avanzato telescopio per spettroscopia sempre all'osservatorio di Brera.

Gli anni '60 del novecento vedono infatti allargarsi le capacità osservative degli astronomi, con l'avvento di tecnologie capaci di permettere osservazioni dallo spazio, nasce infatti l'astronomia X grazie in gran parte al lavoro pionieristico di Riccardo Giacconi, futuro premio Nobel per la fisica nel 2002. E grazie allo sviluppo delle tecnologie legate alle telecomunicazioni abbiamo l'avvento dell'astronomia radio che proprio in quegli anni portò all'osservazione del fondo cosmico a microonde da parte di Arno Penzias e Robert Wilson, insigniti del premio Nobel per la fisica nel 1978. 

Nasce così anche in Italia il desiderio di poter avere accesso al nuovo panorama osservativo ed il favorevole contesto storico vede avverarsi questa prospettiva con il radiotelescopio "Croce del Nord", situato a Medicina, nei pressi di Bologna. Inaugurato nel 1964, dopo poco più di un anno di costruzione, fu poi seguito intorno alla metà degli anni ottanta da un'antenna parabolica di circa 30 metri di diametro, pensata per essere parte del grande network di radiotelescopi su scala planetaria noto come Very Large Baseline Interferometer (VLBI). A Bologna nel 2014 si è infatti tenuta un'interessante iniziativa per ricordare il 50esimo anniversario della costruzione della "Croce del Nord" e nel contempo ripercorrere la sequenza di eventi che rese possibile questa rimarchevole acquisizione strumentale. 
Una magnifica immagine della "Croce del Nord" a Medicina
  
Gli aspetti interessanti di tutta la vicenda sono in effetti molti. L'autorità di governo in quegli anni era rappresentata da Aldo Moro che fu presidente del Consiglio dei Ministri per ben tre governi differenti fra la fine del 1963 ed il 1968. Prima dei governi Moro, sempre nel solo 1963, si ebbero altri due governi guidati da Amintore Fanfani e Giovanni Leone, futuro Presidente della Repubblica Italiana dal 1971. In questa inflazione di governi tuttavia il ministero della Pubblica Istruzione rimase sempre in carica a Luigi Gui, mentre invece i titolari del ministero per l'Università e la Ricerca (oggi il ministero per la pubblica istruzione e per l'università e ricerca sono accorpati in un'unica carica) furono due: Guido Corbellini e Carlo Arnaudi. Una girandola di nomi ed incarichi che in parte segnala come il panorama economico stesse cominciando a cambiare con le prime avvisaglie del rallentamento della crescita economica che poi si ebbe in maniera plateale nel 1973 allo scoppio della crisi energetica e conseguente inizio di un diverso ciclo economico.  E per quelli della mia generazione il persino gradevole ricordo delle domeniche con circolazione a targhe alterne!

Tuttavia il reperimento dei finanziamenti l'organizzazione e svolgimento del progetto con annesse le necessità di rapportarsi con le autorità politiche furono solo una parte dei problemi che si dovettero affrontare. In ogni caso lo scenario istituzionale e politico era comunque complessivamente favorevole con disponibilità di risorse ed attitudine verso l'investimento in innovazione. Diversa invece, almeno secondo le testimonianze di coloro che fin dall'inizio furono coinvolti nel progetto, era l'attitudine all'impresa di una parte almeno dell'astronomia italiana. Negli anni '60 gli astronomi italiani potevano essere parte di tre entità distinte. Da una parte il mondo universitario, quindi gli osservatori astronomici ed infine i laboratori del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR). Le ragioni di queste diverse strutturazioni erano per lo più storiche, ma rispecchiavano o talvolta inducevano anche differenze di tipo culturale. Così, mentre il mondo universitario rappresentava in un certo qual modo il punto di unione, ed in parte di eccellenza,  gli osservatori ed i laboratori del CNR, in quel periodo, rappresentavano due mondi parzialmente in conflitto. Schematizzando la questione, e non per questo trascurando la naturale complessità nascosta in ogni classificazione, gli osservatori con la già allora pacchiana istituzione dei direttori nominati a vita rappresentavano un po' la tradizione, mentre i laboratori del CNR rivestivano il ruolo degli innovatori, erano infatti i luoghi in cui nuove tecnologie (ed anche modalità gestionali) venivano sperimentate e messe in atto. Di fatto, quindi, l'avvento di questa ondata di nuovi astronomi che sviluppavano strumentazioni e contesti di ricerca non più negli ambiti tradizionali dagli osservatori storici generò resistenze e contrasti. Ma anche un fiume di nuove idee e di innovazione che misero le basi per la tutt'ora per certi versi prodigiosa qualità della ricerca astrofisica italiana.

Lasciando da parte per approfondimenti in altre sedi le questioni storico-sociologiche, in un tempo singolarmente breve il grande radiotelescopio di Medicina fu ultimato e cominciò ad operare. Si tratta di un cosiddetto strumento di transito, ovvero le sorgenti entrano nel campo di vista del telescopio quando sono al meridiano per effetto della rotazione terrestre. Configurazione questa non inusuale nelle grandi installazioni per radioastronomia. 

Ma cosa si osserva in definitiva con un radiotelescopio? Senza alcuna pretesa di completezza, ed anzi con qualche semplificazione decisamente un po' rude, in generale potremmo dire che i telescopi ottici sono sensibili alle radiazioni emesse dai cosiddetti fenomeni termici, ad esempio la luce emessa dalla fotosfera delle stelle o comunque da gas ad alta temperatura. Alle lunghezze d'onda radio si studiano invece spesso fenomeni non-termici, ovvero quei fenomeni fisici dove l'emissione di fotoni avviene ad esempio per effetto di accelerazione di particelle con presenza di campi magnetici. Fenomeni completamente differenti, il cui studio ha enormemente ampliato la nostra conoscenza dell'Universo. 

E fu così quindi che oltre all'evoluzione stellare, sempre comunque uno dei più proficui campi di studio astrofisici, vediamo entrare nel lessico quotidiano dei nostri istituti di ricerca oggetti e fenomeni come lo studio delle radiogalassie, dei nuclei galattici attivi, delle pulsar e del gas interstellare. Contribuendo in maniera determinante a far evolvere l'astronomia italiana da una realtà senza dubbio gloriosa, ma comunque abbastanza di nicchia, ad una realtà di grande impatto internazionale per costituire, letteralmente, un altro meno conosciuto ma non meno prezioso, miracolo italiano.


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