lunedì 6 agosto 2012

Curiosity, killed the cat?

Ve lo ricordate quel gruppo pop inglese che si chiamava "Curiosity killed the cat"? Per chi era giovinetto nei lontani, drammaticamente lontani, anni '80 è un nome familiare. A dire il vero non mi ricordo con certezza una canzone specifica di questi tipi, ma il nome buffo mi è venuto in mente questa mattina mentre guardavo le immagini dell'atterraggio di Curiosity. Un collega che mi ha fatto giurare sul sangue di non rivelarne mai l'identità, ha avuto il coraggio di proseguire nella battuta chiedendosi se nell'atterraggio marziano la nostra amata sonda non abbia, appunto, schiacciato inavvertitamente un gatto marziano... 

A parte la battuta terrificante abbiamo comunque un altro rover che viaggerà su Marte se tutto va bene per un paio d'anni, e stavo pensando a quanti racconto o film di fantascienza ho incontrato in cui le desolate pianure marziane erano protagonisti di avvenimenti vari. Non poi tanti... in fondo i marziani sono un mito di fine ottocento, ma neppure pochi, magari più che altro con Marte colonia terrestre. Se non ricordo male gli invasori della "Guerra dei mondi", romanzo di Wells e film venivano da Marte. E Marte era lo scenario di "Atto di forza". Per non parlare delle suggestive fantasie del grande e da poco scomparso Bradbury o l'epopea dei canali di Schiapparelli e Lowell.

Tutto molto carino, si dirà, ma cosa centra tutto questo in un blog di cultura scientifica legato all'astrofisica? Tutto e niente, allo stesso tempo.

Come molti titoli di giornale hanno evidenziato, al momento del touch-down, ed immagino con conferma dalla telemetria che tutto fosse avvenuto nella maniera corretta, c'è stata un'esplosione di euforia generale, con tecnici ed ingegneri che si abbracciavano con un'enfasi gioiosa e, diciamolo, tutta americana. Però chi ha qualche dimestichezza con le missioni spaziali conosce l'enorme quantità di lavoro che sta dietro ogni minuto di missione effettiva, ed i lunghi anni di attesa da quando una missione è ideata a quando i primi componenti vedono la luce per poi, anni dopo, attivarsi sul campo. In fondo c'erano decisamente buoni motivi per fare festa. 

Mi viene in mente, ormai oggi siamo in piena suggestione cinematografica, un'intervista a Tom Hanks, ben noto attore, a proposito del film "Apollo 13" diretto dal mitico Richie Cunningham che si ostina a dire di chiamarsi nella realtà Ron Howard. Ebbene, a proposito del film, uno dei motivi di maggiore fascino era l'atmosfera anni '60 che lo permeava, kennedyana potremmo dire. Dove la sensazione che non ci fosse problema che con passione e competenza e lavoro di squadra non potesse essere risolto contrastava fortemente con il clima di sfiducia ed individualismo generale della metà degli anni '90. 

Mi pare che ad un quindicennio di distanza le cose non siano cambiate ed anzi, probabilmente fortemente peggiorate, fra spettri di crisi globali, dissoluzioni di eurozone, e prospettive a dir poco difficoltose per il futuro. 
In un certo senso sembra proprio che abbiamo bisogno di recuperare un po' di anni '60, almeno nello spirito, e chissà che le grandi collaborazioni scientifiche, dove scienziati di molte nazionalità lavorano insieme non certo per i soldi ma per un ideale di conoscenza non possano essere il nucleo di una rinascita del nostro modo di affrontare i problemi e, più in generale, di un modello sociale e di sviluppo dove ci sia spazio per anche altro che non le sole alchimie speculative basate sul principio del "far soldi sul niente..."

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